Cuore di ragno
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Introduzione
“Cuore di ragno” è l’ultimo romanzo di Lucio Sandon pubblicato con Graus Edizioni nel 2019. Con un racconto tratto da questo romanzo ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. È altresì risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto “Cuori sui generis” 2019. Inoltre, il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritato la segnalazione speciale della Giuria nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci-Città di Roma.Aneddoti personali
Avvenimenti storici, segreti, misteri, elementi noir, sono sapientemente miscelati dalla straordinaria penna di Lucio Sandon ad avvenimenti fantastici e romanzati, dando vita ad un romanzo particolare e avvincenteRecensione
Siamo nel 1861. L’unità d’Italia è alle porte, pronta a sostituire il Regno delle Due Sicilie. Protagonista fondamentale e voce narrante è Angelo, un giovanissimo ragazzo di 13 anni, tanto sveglio quanto discolo, che vive con le zie perché orfano in una torre arroccata nella baia di Jeranto.“La torre dove abitavo con la mia famiglia svetta pericolosamente sospesa su di un dirupo, all’apice di una roccia che domina tutta la piccola baia, e forse per questo motivo è sempre stata chiamata Montalto. La costruzione è fatta con la pietra chiara dei nostri monti, e attualmente la parete della torre dal lato al confine con la stalla si presenta leggermente annerita e anche un po’ scrostata, ma proprio nulla di particolarmente grave…”
Ma, in una mattina di un giorno di marzo, un giorno apparentemente come tutti gli altri, accadono degli avvenimenti che segneranno per sempre la vita di Angelo, dei suoi amici Gennarino e Marianna e di tutti i pochi abitanti che popolano la baia: il primo è l’omicidio di Ciccio il craparo, papà dello stesso Gennarino, avvenuto per mano di Angelo nel momento esatto in cui il ragazzino si rende conto che è stato proprio quell’uomo ad ammazzare barbaramente la sua amata madre; il secondo, è l’esplosione del piroscafo “Ercole”, avvenuta dopo il trasbordo di una partita importante su un gozzo da carico al largo di Sorrento. Da quel momento nulla più sarà come prima e i tre amici saranno quasi costretti a maturare velocemente, a vedere la vita da un’altra prospettiva e ad affrontare vicissitudini dolorose, difficili e quasi macabre, seppur velate da momenti di tenerezza e forte senso di unione.
Un romanzo, quello di Sandon, scritto con grande maestria. Un intreccio estremamente particolare ci offre una visione “alternativa” della storia ben lontana da quella raccontata nei libri di scuola. Ogni cosa è descritta con dovizia di particolari e tutto al lettore appare realmente percepibile: suoni, profumi, sapori, paesaggi. Frammenti di una Napoli a tanti ancora sconosciuta emergono con passione, lasciando trapelare un non celato moto di orgoglio. Le stesse emozioni si alternano e si palesano magnificamente: odio, rancore, vendetta, amicizia, solidarietà, perdono, fino a giungere ad un improbabile e tenero amore…
Una lettura avvincente e ricca di particolari storici e geografici, sapientemente elaborati dallo scrittore, che ha saputo mostrare una versione della storia da un’altra, straordinaria prospettiva, la sua.
Conclusioni
Consiglio vivamente la lettura di questo splendido romanzo non solo agli amanti della storia e dei thriller, ma anche a tutti coloro che sanno emozionarsi ancora, e ancora hanno voglia di farlo.Citazioni
“La baia di Jeranto è quasi un fiordo che intraversa il promontorio di Minerva, dopo il capo della Campanella, sulla estrema punta della penisola sorrentina. L’insenatura è protetta contro i venti del nord da montagne non molto alte e coperte di boschi, mentre le brezze che soffiano da ovest vengono mitigate dall’isola di Capri, che sta proprio lì di fronte.”
“Questione di un attimo: gli occhi di Gennarino in quel momento erano felici, e le sue labbra scandirono due parole che non potevo sentire, ma solo intuire. Erano rivolte proprio a me, il suo amico d’infanzia, che lo guardava a sua volta, impietrito dall’alto della scalinata. Il frastuono era impossibile, ma in quel momento, lui ed io non eravamo lì: eravamo nel silenzio purissimo di Jeranto, a mangiare pane e formaggio nella grotta dei Crapari. “Ti perdono”. Le sue ultime parole gli rimasero sulle labbra, le pronunciò senza voce, ma non ebbi nessuna difficoltà a capirle.”