Oggi ricorre la nascita di Giacomo Leopardi e lo vogliamo commemorare con una delle sue più toccanti liriche: “Alla Sua Donna” . Un addio doloroso all’ Amore. Quell’ Amore ricercato e anelato ma che sfocia troppo spesso in delusioni che spingono inevitabilmente a cercare rifugio in se stessi per sfuggire ad una realtà illusoria e astratta.
Alla Sua Donna
Cara beltà che amore
Lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
Fuor se nel sonno il core
Ombra diva mi scuoti,
O ne’ campi ove splenda
Più vago il giorno e di natura il riso;
Forse tu l’innocente
Secol beasti che dall’oro ha nome,
Or leve intra la gente
Anima voli? o te la sorte avara
Ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?Viva mirarti omai
Nulla speme m’avanza;
S’allor non fosse, allor che ignudo e solo
Per novo calle a peregrina stanza
Verrà lo spirto mio. Già sul novello
Aprir di mia giornata incerta e bruna,
Te viatrice in questo arido suolo
Io mi pensai. Ma non è cosa in terra
Che ti somigli; e s’anco pari alcuna
Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
Saria, così conforme, assai men bella.Fra cotanto dolore
Quanto all’umana età propose il fato,
Se vera e quale il mio pensier ti pinge,
Alcun t’amasse in terra, a lui pur fora
Questo viver beato:
E ben chiaro vegg’io siccome ancora
Seguir loda e virtù qual ne’ prim’anni
L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
E teco la mortal vita saria
Simile a quella che nel cielo india.Per le valli, ove suona
Del faticoso agricoltore il canto,
Ed io seggo e mi lagno
Del giovanile error che m’abbandona;
E per li poggi, ov’io rimembro e piagno
I perduti desiri, e la perduta
Speme de’ giorni miei; di te pensando,
A palpitar mi sveglio. E potess’io,
Nel secol tetro e in questo aer nefando,
L’alta specie serbar; che dell’imago,
Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.Se dell’eterne idee
L’una sei tu, cui di sensibil forma
Sdegni l’eterno senno esser vestita,
E fra caduche spoglie
Provar gli affanni di funerea vita;
O s’altra terra ne’ superni giri
Fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
E più vaga del Sol prossima stella
T’irraggia, e più benigno etere spiri;
Di qua dove son gli anni infausti e brevi,
Questo d’ignoto amante inno ricevi.
29 giugno 1798 Giacomo Leopardi nasce a Recanati, dal conte Monaldo (1776-1847) e dalla marchesa Adelaide Antici (1778-1857). Nel 1809 Compone la sua prima composizione poetica, il sonetto La morte di Ettore. Inizia il suo lavoro culturale da lui stesso definito ‘Indice delle produzioni ….’ Intensifica intanto la sua operosità letteraria scrivendo poemetti, epigrammi, prose filosofiche, ( denominati Puerilia) e una tragedia nel 1811: Pompeo in Egitto. Si dedica a ricerche erudite (Storia dell’Astronomia, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi) e a varie indagini filologiche sorprendenti per il rigore e la precisione. Inizia da solo lo studio del greco. Fra le molte traduzioni, importante quelle della Batracomiomachia pseudo-omerica, che riprenderà altre due volte e sul cui canovaccio, negli ultimi anni, innesterà i Paralipomeni. Sposa le idee politiche, ultralegittimiste, del padre: come testimonia l’Orazione agli Italiani, in occasione della liberazione del Piceno. Esordisce con le sue prime pubblicazioni: Notizie istoricbe e geografiche sulla città e chiesa arcivescovile di Damiata (Loreto 1816); la traduzione del primo libro dell’Odisseae altri saggi di traduzione sulla rivista di un editore milanese, Fortunato Stella, Lo spettatore italiano e straniero ». In una Lettera ai compilatori della Biblioteca Italiana, non pubblicata, prende posizione nella nascente polemica sul romanticismo contro Madame de Staèl ed a favore dei classicisti. Scrive la cantica Appressamento della morte, un cui frammenta sarà accolto nel’35 nella pubblicazione dei Canti (è il XXXIX). Nel 1817 Pubblica sullo Spettatore » l’inno a Nettuno, fingendo trattarsi della traduzione da un originale greco, e due odi apocrife in greco, presentate come autentiche. Innamoratosi, o credendosi innamorato, della cugina Geltrude Cassi, scrive Il primo amore. Inizia la sua amicizia epistolare con Pietro Giordani, che lo incoraggia nei suoi entusiasmi letterari, orienta il suo gusto, riceve le prime confessioni della sua infelicità fisica e sentimentale. Comincia a prendere siste- maticamente nota dei suoi progetti, meditazioni estetiche filosofiche, pensieri di lingua e di costume nello Zibaldone, il grande diario intellettuale che continuerà fino al ‘32. L’anno successivo compone il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, prima trattazione sistematica della sua originale poetica. Si conclude la sua conversione politica: è ora patriota, repubblicano, democratico: scrive All’Italia e Sopra il monumento di Dante. Ultima eco dell’amore per la Cassi, una seconda elegia che diventerà il frammento XXXVIII dei Canti. Il 1819 è un anno decisivo: il suo stato di salute lo obbliga a sospendere per alcuni mesi gli studi; è una spinta a chiarire la propria condizione di solitudine, di noia, e a maturare il suo ancora indeterminato pessimismo. La ribellione all’ambiente familiare in cui soffoca la sua ansia di sbocchi e di espansione, culmina in un tentativo poi rientrato di fuga. Scrive L’infinito, Alla luna, il frammento XXXVII, e vari appunti per un romanzo autobiografico che resterà allo stato di progetto. Scrive intanto Ad Angelo Mai, La sera del dì di festa, Il sogno. Scrive alcuni abbozzi di dialoghi, lontano precedente delle future Operette Morali. La vita solitaria, Nelle nozze della sorella Paolina, A un vincitore nel pallone, Bruto minore. Del 1822 sono Alla primavera, Ultimo canto di Saffo, Inno ai Patriarchi, traduce il Martirio de’ Santi Padri, facendolo passare per un volgarizzamento trecentesco: è una prova di virtuosismo letterario che, pubblicata nel ‘26, ingannerà anche questa volta lettori esperti. Nel novembre si reca a Roma. E’ il primo viaggio fuori dei confini di Recanati e ne rimarrà deluso profondamente. Tenta invano di trovare un lavoro nell’amministrazione pontificia.
Torna intanto a Recanati dove scrive Alla sua donna e il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl italiani, importante tentativo di analizzare la decadenza nazionale e gli effetti nefasti della Restaurazione. Nello scorcio tra questo e l’anno seguente vanno collocate le due traduzioni da Simonide che diventeranno il XL e il XLI dei Canti. E le Operette morali. Nel 1828 compone lo Scherzo, Il risorgimento, A Silvia, e l’anno successivo Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta. Il sabato del villaggio. Muore, nel 1837 mentre a Napoli si diffonde un’epidemia di colera Viene sepolto nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Nel 1937 Leopardi è stato traslato al Parco Virgiliano di Fuorigrotta a Napoli.
Teresa Anania