Dove il soffitto incontra il cielo
Si può sopravvivere senza alcun contatto sociale e senza vedere mai il cielo? Questo romanzo ci racconta la storia tenera ed estrema di una bambina rifiutata dalla madre al momento della nascita e rinchiusa in uno sgabuzzino, che sopravvive grazie alle cure ingenue della sorellina. La voce della protagonista è quella di Elisa, una bambina fragile, che si innamora della musica ascoltandola attraverso il soffitto. Un romanzo che parla di confini, di paure, di identità e di riscatto.
Introduzione
“Ma il cielo come finisce? Che cosa c’è sopra?-Non finisce. Non c’è niente sopra.”
Questo dovrebbe essere il titolo, un titolo evocativo quanto lo è questo romanzo, un racconto straziante suddiviso in tre atti con un crescente di emozioni e on complessità di dialoghi in continua evoluzione. Ma anche lì i dilemmi sono tanti: innanzitutto, cosa è giusto e cosa è errato? È frequente che i genitori si trovino a gestire situazioni dal canto loro impossibili ed insormontabili, a volte purtroppo vengono caricati della pesante quotidianità che presuppone la fratellanza con un disabile. È vero che questa pesantezza ricadrà sulle spalle di questi ignari sostituti. La morte dei genitori, l’abbandono codeste cose saranno loro a dare il peso d’ occuparsi di tirare avanti la baracca, ed il “baraccato”.
Aneddoti personali
Questo scritto da Maria Fazio non è un romanzo, non è un racconto, è poesia. Ti scava dentro con armonia e sottile musicalità, questa “poesia” raccontata con eleganza, ma senza pietà, lasciandoti un difficile amaro in bocca. Dalle prime righe alla ultima conclusione pare di aver un peso sul petto, un affanno che ti fa lacrimare di tristezza e di sentimenti sopiti. Mi sono immerso nella lettura come siffossi al buio della stanza, al freddo di quello sgabuzzino senza luce, né una luce calda come il cuore, né una luce fredda come una lampadina, solo il buio della speranza, il buio della pietà e della consapevolezza della propria colpa e fragilità. Un breve romanzo, o una lunga poesia, che va letta con una musica in sottofondo, note calde non stridenti, note soul madide di dolore, in questo modo leggeremo il crescente di una melodia che si avvia da una dolce piano ad un preponderante forte, qual fosse una sinfonia di Beethoven. Fino alla fine le pagine non ti lasciano pietà, condannano la fragilità della donna, la assenza di un uomo, l’indifferenza delle istituzioni e la cosa terribile, la verità che racconta. Lievemente addolcito dall’incontro di anime umane, che non si prodigano nella pietà, ma semplicemente dispensano il loro istinto di amore per gli altri come fosse per sé stessi e tutto ciò con una semplicità devastante, che anziché addolcire il racconto, lo amplifica nel suo graffiarci l’anima.Questa poesia, non è annessa al libro, ma io la inserirei in un determinato punto del pentagramma, in un punto preciso dello spartito, ove il direttore di codesta orchestrale chiami a suonare archi e cori.
C’è da guardare oltre.
C’è da guardare oltre
I confini
Mura innalzare con
Soddisfazione
Orante da standard di
Ipocrisia.
Muri di cartone
la cui apparenza di pietra
può sfuggire all’acqua, al fuoco e alla tempesta.
Confini orgogliosi
perché la paura sa mascherati di orgoglio.
Su ogni confine sguardi chini
per non vedere lo specchio
per non vedere la crepa
profonda
e allo sguardo identico
che sta li, oltre.
Maria Fazio