Intervista ad Enrico Pompeo

Enrico Pompeo è un insegnante livornese poco più che quarantenne.                                                  “Il Drago, il Custode, lo Straniero” , è in ordine temporale il suo ultimo lavoro.

Il Drago, il Custode, lo Straniero Recensione

Noi gli abbiamo rivolto qualche domanda per conoscerlo meglio.

Ciao Enrico, benvenuto nel nostro blog.

Ciao a te, Teresa e a tutti voi che avrete la pazienza e l’attenzione di leggere questa intervista. Vi ringrazio perché per chi scrive è fondamentale potersi confrontare con persone appassionate, curiose, attente ai libri e alla comunicazione. Evviva!

Raccontaci un po’ di te. Enrico Pompeo l’uomo e lo scrittore, quanto l’uno influenza l’altro? E chi riesce a predominare?

Bella domanda! Allora, sono nato nel 1972 a Livorno e fin da quando ero piccolo, ho sempre vissuto dentro le storie. Grazie alla biblioteca di famiglia, ho divorato fumetti, libri, fiabe e ho iniziato a scrivere. In realtà non ho mai smesso. Ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno incuriosito e ho ascoltato i loro racconti e su quelli creavo altre idee. Sono sempre stato una persona molto fantasiosa. Un eterno bambino: come segno zodiacale sono Gemelli ascendente Gemelli. Per questo mi sono sempre sentito un ‘cantastorie’.I fanciulli inventano storie sempre, quando giocano. Ora, da adulto, continuo perché scrivere mi aiuta a stare meglio con me stesso: una sorta di auto-terapia, un modo per calmare i miei demoni. Credo che raccontare e comunicare siano ciò che mi caratterizza più profondamente come essere umano.

Come nasce il tuo romanzo? A cosa ti sei ispirato?

Nasce dall’osservazione della realtà. Sono sempre alla ricerca di stimoli,  di voci, suoni. Mi piace guardare dietro gli angoli, nei punti meno illuminati. Sono convinto che una comunità che si passa storie sia una collettività sana, autentica, vera e che questo scambio porta al rispetto, al dialogo, alla condivisione: antidoti all’intolleranza e alla chiusura. Quando scrivo, cerco di raccontare come possano nascere nell’animo umano le pulsioni che ci spingono ad agire. Per provare ad aumentare la consapevolezza in me e in chi vorrà leggermi. Nel bene e nel male: il dolore, la rabbia, la violenza vanno raccontate. Forse solo così possiamo superarle: la conoscenza è necessaria per provare a cambiare.

Il Drago, il Custode, lo Straniero. Tre personaggi, tre maschere della società odierna. Ce li racconti? A quale sei più legato?

IL DRAGO è un predatore, uno squalo, che azzanna alle spalle. È violento, rissoso, rabbioso. Odia perché non vuole bene a se stesso e sfoga il suo malessere  sugli altri. Ma non gli basta mai.  IL CUSTODE è chiuso nel suo mondo,  come un ragno. Anche lui non trova il suo posto nel mondo e vive sfruttando le debolezze altrui spacciando droga. LO STRANIERO scappa, braccato dai pregiudizi. Fugge fino in Brasile, dentro la Foresta Amazzonica, dove incontra un villaggio indios. Lì, cambierà la sua vita e finalmente scoprirà una via di riscatto, di emancipazione, di giustizia. Voglio bene a tutti e tre: ognuno è motore, causa dell’altro. Il Drago è quello che mi è costato più fatica e impegno, ma che sento ancora con me. Il Custode mi ha insegnato tanto, anche in negativo. Lo Straniero è quello che in cui mi rivedo di più, effettivamente. Ma sono tutti e tre facce di una stessa dimensione.

Se dovessi descrivere ogni personaggio con tre aggettivi, quali sarebbero? E perché?

DRAGO: cattivo, potente, tormentato. CUSTODE: attento, scrupoloso, infido. STRANIERO: curioso, ingenuo, ribelle.  Ho scelto questi perché mi sembrano i più adatti a rappresentare i caratteri di queste maschere contemporanee, tutte troppo impegnate a ottenere l’approvazione dagli altri, per essere fedeli a loro stesse, fino a quando tutto precipita e allora ogni cosa cambia.

Peculiarità delle tre maschere per un unico volto, è la fuga. Da cosa si fugge e soprattutto serve la fuga per scacciare i propri demoni?

Si fugge da se stessi, da ciò che non si capisce. Perché spesso scappare è la via più facile e immediata davanti ai problemi. Ma in realtà questo non risolve niente; anzi rende ogni difficoltà ancora più insormontabile e profonda. A volte, però, occorre perdersi davvero; sentire che tutto è irrimediabilmente andato, per ripartire davvero e scoprire la verità su se stessi e gli altri. È quando non hai più appigli che reagisci davvero. Perché non hai più niente da nascondere, nessuna maschera sociale da indossare. Agisci non per piacere agli altri, ma solo per rimanere fedele a te stesso, finalmente libero dai condizionamenti e dalle consuetudini.

Il tuo è uno stile descrittivo capace di far visualizzare le parole. Quando e come nasce la passione per la scrittura?

Nasce dallo smodato mio entusiasmo per la lettura. I libri mi accompagnano da quando ero piccolo: attraverso le storie che leggo scopro altri mondi, punti di vista, universi. Viaggio, pur rimanendo fermo. Tutti questi racconti mi hanno dato così tanto in termini di emozioni, pensieri, sensazioni, stati d’animo che ho iniziato a voler scrivere, per contribuire con un verso, la mia piccola voce. Credo che il fatto di avere uno stile descrittivo molto cinematografico è dovuto a quello che mi succede quando leggo: mi immagino le parole formare paesaggi, situazioni, azioni e così, quando scrivo, faccio lo stesso. Penso che dipenda anche dalla mia laurea in Storia e Semiologia del Cinema, che mi ha permesso di conoscere i meccanismi interni del linguaggio narrativo per immagini.

Ci parli della particolare struttura del romanzo? Lettere e numeri contrassegnano i capitoli in maniera apparentemente insensata. Qual è il messaggio invece?

Grazie di questa domanda. Mi permette di spiegare un elemento che, altrimenti, risulta poco comprensibile. Nel Drago si parte da ‘Q’; un omaggio ad un romanzo che adoro, che ha questa lettera come titolo. Poi ‘X, Y, Z’ come le tre incognite, le dimensioni di ricerca di un equilibrio che sfugge. L’ultimo è la ‘W’, in quanto il protagonista vuole sempre vincere, anche se non ci riesce. Il Custode ha sempre 5  capitoli, che sono numerati da 5 a 1, proprio perché lui vive dentro se stesso, chiuso, come un percorso che torna indietro. Lo Straniero è una partenza, un cammino verso la libertà, la giustizia, l’equità. Come un alfabeto. Infatti i capitoli, anche qui 5, vanno da A ad E. Così: era un modo di giocare anche con i segni.

Nel tuo romanzo troviamo molti riferimenti a Fabrizio De Andrè . Ce ne vuoi parlare?

Certo. Per me De André è un punto di riferimento imprescindibile. Grazie alla sua poesia e alle sue canzoni ho imparato che ogni situazione va vista da ogni angolazione e che non si deve mai rinunciare alle proprie idee, convinzioni, visioni. Il male e il bene spesso sono relativi a chi stabilisce i valori e le morali. Ma dietro ogni giudizio ci sono così tante variabili che non si può generalizzare e condannare senza distinguo. Persino un anziano che decide di aiutare un assassino in fuga dalla polizia può diventare un esempio di cosa significhi la carità, la generosità, l’altruismo. Mi riferisco a ‘Il Pescatore’, uno dei testi più famosi di Faber. ‘Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior’.‘Se tu penserai,se giudicherai da buon borghese, li condanneraia 5000 anni più  le spese, ma se capirai, seli cercheraifino in fondo, se non sono gigli, sono sempre figli, vittime di questo mondo’. Sono frasi che cerco sempre di tenere a mente, quando provo a capire cosa c’è intorno e dentro di me. Sono una bussola, un orientamento. È il mio maestro, con la M maiuscola.

Hai incontrato delle difficoltà prima di riuscire a pubblicare il libro?

Sì. Ci ho messo dieci anni a finire il libro. Non continuativi, ma il libro ha avuto una lunghissima gestazione. Non ero mai soddisfatto di come vedevo la storia dipingersi sul foglio. C’era sempre qualcosa che non mi tornava. Poi, a un certo punto, è come se il racconto avesse cominciato a trovare una sua fisionomia e iniziasse a scriversi da solo: facevo solo da tramite. Davvero: non saprei come altro descriverlo. Anche il finale è venuto fuori da sé, non era pronto nella mia testa. Quando poi , dopo numerose revisioni, ho sentito che era pronto, è iniziata la trafila della ricerca delle case editrici per la pubblicazione. Ho subito scartato quelle a pagamento e  mi sono concentrato sull’ elenco di quelle ospiti alle fiere nazionali della piccola e media editoria e ho spedito. Dopo circa quattro mesi sono arrivate le prime risposte. Tra queste ho scelto ‘Edizioni Creativa’ e sono contento: è stato fatto un buon lavoro di editing, di correzione bozze, di grafica. Certo, sulla promozione ho lavorato per conto mio; d’altronde la casa editrice non può permettersi un ufficio stampa strutturato. Ma va bene. Sono soddisfatto.

Quanta importanza hanno oggi, secondo te, i social nella promulgazione dei libri?

Molta. Sono strumenti per entrare in contatto con realtà e persone con le quali  altrimenti non riusciresti mai a comunicare. Ho avuto modo, grazie a Facebook, di trovare circoli di lettura, associazioni, blog di lettura,come questo, che mi hanno aiutato a comprendere meglio quello che avevo scritto. Un lettore attento ti aiuta a vedere aspetti, sfumature del tuo libro che, magari, non erano così evidenti quando le hai messe nero su bianco. Ho fatto tante presentazioni, anche grazie a disponibilità trovate sui social: come a Salerno, in una scuola con un evento organizzato dall’associazione ‘Amici della Lucania’ o a Catania in una libreria indipendente,  o a Milano, nella sede dell’associazione culturale e teatrale ‘Scimmie Nude’. Chi scrive, cerca di comunicare e vuole provare a farlo con più persone possibile. Quindi i social, se usati consapevolmente, possono essere utili. Non per narcisismo o per vanità, ma solo per aumentare le possibilità di condivisione.

Progetti per il futuro?

Molti. A Maggio uscirà un mio nuovo lavoro, una raccolta di testi brevi, dal titolo: ‘Scritti (S)Connessi’, sempre per Edizioni Creativa. È costruito per avvicinare al libro chi non ne è particolarmente attratto e per stimolare l’aspetto ludico di chi è già lettore o lettrice. All’inizio si chiede a chi legge se vuole partecipare a un gioco: le pagine possono essere tagliate, data la particolare impaginazione e poi rimontate dando un ordine diverso alle storie. È una sorta di ‘libro ad anelli’. Una volta ricostruito l’indice,colui che presenterà la sistemazione giudicata migliore vincerà un buono in libreria. In questo modo all’inizio c’è un solo libro, andando avanti ce ne potranno essere molti di più. Si potrà anche lasciare così come è all’inizio, oppure partecipare al gioco. Con la convinzione che scrittore e lettore sono entrambi importanti ed essenziali per dare il senso finale a un racconto, a una storia, a un libro.

Ti ringraziamo di aver accettato di chiacchierare con noi e aspettiamo il tuo prossimo lavoro.

Grazie a te e a tutti voi. Siete preziosi: mi fa piacere poter condividere la mia passione con persone curiose e competenti. Sono disponibile a rispondere a ogni domanda. Solo con il dialogo e con la comunicazione, si può crescere e migliorare. Un abbraccio a tutti e a presto. Evviva!

 

Pubblicato da Teresa Anania

Eccomi..... Sono Teresa Anania, e ho una passione sfrenata per i libri. Un amore iniziato ad otto anni e cresciuto nel tempo. Amo scrivere e riversare, nero su bianco, emozioni, sentimenti e pensieri concreti e astratti. La musica è la colonna sonora della mia vita. Ogni libro lascia traccia dentro di noi e con le recensioni, oltre a fornire informazioni "tecniche", si tenta di proiettare su chi le leggerà, le sensazioni e le emozioni suscitate. Beh..... ci provo! Spero di riuscire a farvi innamorare non solo dei libri ma della cultura in senso lato.

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