Oggi ricorre l’anniversario della nascita di Gabriele D’annunzio nasce a Pescara il 12 marzo !863 da famiglia borghese, che vive grazie all’eredità dello zio Antonio D’Annunzio.compie i suoi studi liceali al liceo classico Cicognini di Prato facendosi notare sia per la sua condotta indisciplinata , che per il suo fortissimo accanimento verso lo studio.Già negli anni del collegio ottiene un grande successo con la sua prima raccolta poetica ” Primo vere” pubblicato a spese del padre.Nel 1881 iscrivendosi alla facolta di lettere si trasferisce a Roma dove conduce una vita sontuosa ricca di amori e di eccessi, senza peraltro terminare gli studi universatari. In breve tempo collaborando con diversi periodici diviene ben presto figura di spicco del patrimonio culturale della capitale.Nel 1889 pubblica ” Il piacere”
D’Annunzio insieme al Pascoli è uno dei maggiori esponenti del Decadentismo italiano.
Il D’Annunzio vede la poesia come una celebrazione di sè stesso.
Sono tre i temi principali della poetica di D’Annunzio : Estetismo, superomismo, panismo; un’esteta che diventa superuomo si fonde con la natura.
Noi oggi vogliamo ricordarlo con uno stralcio dalle sue lettore d’amore.
Il mio dolore è così grande che da ieri vivo quasi incosciente delle cose della vita, chiuso in me, col pensiero, col desiderio acuto ed incessante del tuo amore. Quando io ti lasciai ieri, mi si velarono gli occhi. Mi parve d’esser per cadere. L’angoscia mi cresceva ogni ora più. Andavo per le vie, mentre la sera scendeva, portando miseramente la mia gran tristezza in mezzo alla gente. Mi avvicinai due o tre volte alla tua casa. Mi si affacciavano alla mente i pensieri più strani e i propositi più folli. Verso le dieci incontrai gli amici che mi trassero con loro, al solito luogo, da Morteo dove ti ho veduta per tante sere e dove ho bevuto l’amore dei tuoi occhi lungamente. Avevo la gola così serrata e così riarsa che non m’era possibile profferire una sola parola. Quegli ultimi trentacinque minuti, prima dell’ora precisa della tua partenza, furono atroci. Io non ti so dire come soffrivo, Barbara. Tu partivi, tu partivi, senza ch’io ti potessi vedere, coprirti di baci la faccia, ripeterti ancora un’ultima volta con la voce soffocata : Ricordati! Ricordati!