Elie Wiesel è un sopravvissuto di quella pagina di storia di cui l’essere umano deve continuare a vergognarsi che è l’olocausto, ha speso tutta la sua vita a raccontare l’orrore che ha vissuto, affinché chi non c’era conosca e non accada più.
La notte perché questo titolo, la lunga notte dell’umanità? In anni in cui l’uomo ha perso la sua umanità?
La notte della fede? La perdita per sempre di Dio nell’animo di un ragazzo solo quindicenne?
Un racconto lucido ma pacato che mette i brividi, poco più di cento pagine ma dense di dolore, di lacrime, di morte.
Un racconto autobiografico di un ragazzo solo quindicenne, che aveva votato la sua vita a Dio, studiava i libri ebraici per diventare un uomo di Dio, dopo quello che ha visto e subito l’effetto più immediato è stato la perdita di Dio per sempre.
Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangate.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.
Una famiglia ebrea, viveva nel ghetto grande di una città della Transilvania, forse avrebbero potuto salvarsi se solo come tanti altri, avessero creduto ai racconti di uno straniero sopravvissuto, nel loro animo c’era la speranza, in fondo non si poteva credere a quell’orrore, sembrava impossibile solo pensare che uomini potessero fare ciò che hanno fatto ad altri uomini inermi colpevoli solo di essere ebrei. La famiglia quindi è deportata, arrivati all’inferno saranno separati ; la mamma e la sua sorellina come lui scoprirà molto più tardi, saranno mandate subito ai crematori e lui un ragazzino finge di avere diciotto anni solo per poter restare con suo padre, da cui non si separa mai fino alla morte di quest’ultimo. Un orrore senza fine visto con gli occhi di un ragazzino di soli quindici anni.
Uomini e donne con gli occhi e l’anima ormai vuoti, spogliati di ogni dignità ed umanità, e la fame , una fame profonda che spinge un figlio a picchiare suo padre per un tozzo di pane , questa immagine continua a tormentarmi dopo giorni dalla lettura del libro. Elie e suo padre erano riusciti fino alla fine a mantenere la loro umanità ed affetto tra loro, si sono aiutati fino all’ultimo momento di vita di quest’ultimo, ma arriva anche per lui la vergogna per i suoi brutti pensieri , la fame e la paura sono gli unici sentimenti che sono rimasti a questi uomini diventati scheletri ombre di sé stessi, suo padre è invecchiato di colpo ed è malato non ce la può fare , la sua vita è agli sgoccioli e lui pensa che aiutarlo tolga forza alla sua corsa per la sopravvivenza e se ne vergogna profondamente.
E le terribili selezioni, dove un si o un no di un medico delle SS decide se puoi ancora vivere o finire in quegli alti camini sempre in funzione nei campi di concentramento giorno, notte , non esiste pausa alla morte.
Un libro che non puoi non leggere, ma è difficile leggere, l’orrore lo tocchi con mano, hai davanti agli occhi quelle immagini di morte, di disumanità, di morte dell’anima delle vittime ma anche dei carnefici, questa pagina di storia è la sconfitta dell’essere umano.
Tre giorni dopo la liberazione di Buchenwald io caddi gravemente ammalato: un’intossicazione. Fui trasferito all’ospedale e passai due settimane fra la vita e la morte.
Un giorno riuscii ad alzarmi, dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era appeso al muro di fronte: non mi ero più visto dal ghetto.
Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava.
Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più.
Ed anche a me, lettrice, alcune immagini non mi lasceranno mai più.
Titolo: La notte
Autore: Elie Wiesel
Editore : Giuntina
Collana : Schulim Volgermann
Traduttore :D. Volgemann
Prezzo : € 10
Scrittore e giornalista statunitense di origini ebraico-ungheresi, nato a Sighetu nel 1928 e morto a New York nel 2016.
Sopravvissuto ad Auschwitz e Buchenwald, dove perde i genitori e la sorella minore, nell’aprile 1945 viene assegnato a un orfanotrofio francese.
Dopo gli studi di filosofia alla Sorbona si dedica al giornalismo.
La prima prova letteraria è un lungo racconto della sua esperienza nei lager, scritto in yiddish e pubblicato in Argentina nel 1955; consigliato da Mauriac (con cui instaura una profonda amicizia) ne ha affronterà poi la riscrittura in francese, dando vita a uno dei capisaldi della letteratura dell’Olocausto, La notte (1958): in una prosa scarna e frammentata, il romanzo descrive il sovvertimento di ogni valore umano, fisico e spirituale, la «notte» appunto, della razionalità e della fede nell’anima individuale e dell’intero genere umano. Cittadino statunitense dal 1963, insegna all’università di Boston e ottiene molti riconoscimenti di prestigio, tra cui il Nobel per la pace (1986), per il messaggio di umanità e speranza trasmesso dalle sue opere.
Sulla Shoah, i pogrom e i campi di concentramento staliniani è incentrata la sua vasta produzione, sia narrativa (L’alba, 1960; Il giorno, 1961; La città della fortuna, 1962; Ebrei del silenzio, 1966; Il testamento di un poeta ebreo assassinato, 1981; Dopo la notte, 2003; La danza della memoria, 2006; Le due facce dell’innocente, 2008; Rashi. Il grande commentatore, 2009; A cuore aperto, 2011), sia teatrale (Il processo di Shamgorod, 1979). È anche autore di numerosi saggi storici, politici e di esegesi biblica (il ciclo delle Celebrazioni, pubblicate in diversi volumi dal 1972 al 1998).
La trama
“Ciò che affermo è che questa testimonianza, che viene dopo tante altre e che descrive un abominio del quale potremmo credere che nulla ci è ormai sconosciuto, è tuttavia differente, singolare, unica. (…) Il ragazzo che ci racconta qui la sua storia era un eletto di Dio. Non viveva dal risveglio della sua coscienza che per Dio, nutrito di Talmud, desideroso di essere iniziato alla Cabala, consacrato all’Eterno. Abbiamo mai pensato a questa conseguenza di un orrore meno visibile, meno impressionante di altri abomini, ma tuttavia la peggiore di tutte per noi che possediamo la fede: la morte di Dio in quell’anima di bambino che scopre tutto a un tratto il male assoluto?” (dalla Prefazione di F. Mauriac)