Storie di donne: Sibilla Aleramo e l’universalità dell’identità femminile

“Una donna”: il romanzo simbolo dell’identità di genere attraverso tre secoli.

Romanzi di ogni tempo vedono, al centro delle loro vicende, una donna: “Anna Karenina” di Tolstoj, “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen, “Menzogna e sortilegio” di Elsa Morante, “La lunga vita di Marianna Ucria” della Maraini, “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci, “L’amica geniale” di Elena Ferrante.

Potrei citarne ancora molti altri, ma credo che ce ne sia uno che può considerarsi quasi “patrimonio dell’umanità”: “Una donna” di Sibilla Aleramo, scrittrice e poetessa nata nel 1876 e vissuta fino al 1960.

Ciò che lo rende così speciale è, a mio avviso, la sua assoluta capacità di rappresentare l’identità e le problematiche femminili, al di là del tempo e dello spazio, come un archetipo ideologico che raffigura la donna e la sua incredibile capacità di contenere in sé una molteplicità di aspetti, che trascendono ogni contesto storico e politico.

Un romanzo universale dunque, perché parla di famiglie: Marta Felicina Faccio, che scelse lo pseudonimo artistico di Sibilla Aleramo, crebbe in una famiglia la quale, nonostante fosse stata costruita con i presupposti della normalità, di normale aveva ben poco.

Un padre incentrato su se stesso, una madre che avendo assolto il suo ruolo di fattrice non aveva più nessuna utilità nell’economia del nucleo familiare, una figlia maggiore che, pur essendo palesemente portata per gli studi viene sottratta dalla scuola per aiutare il padre a dirigere la fabbrica e tre figli più piccoli che, pur essendo stati messi al mondo per amore, vennero cresciuti nel disamore.

Ma quanti nuclei familiari hanno ancora oggi tali caratteristiche? Quanti rapporti genitori-figli si basano tutt’ora su apparenze e reciproco disinteresse? Quante donne vengono, nel nostro tempo, identificate come strumenti per consentire agli uomini di godere del piacere della genitorialità e poi accantonate, come oggetti da rottamare?

Altra tematica significativa è rappresentata dalle relazioni amorose distorte; Sibilla sposò giovanissima un suo collega della fabbrica dove lavoravano entrambi: un uomo disturbato mentalmente che l’aveva irretita, approfittando della sua inesperienza.

Quello stesso uomo per anni la maltrattò fisicamente e psicologicamente, portandola addirittura a gesti estremi.

La nostra epoca, nel mondo occidentale, non si caratterizza per la presenza di donne giovanissime letteralmente “facocitate” da uomini senza scrupoli, ma permangono negli altri popoli tali atroci comportamenti, con il beneplacito dei Governanti di tali Paesi.

Permane però in tutto il mondo il perpetuarsi della violenza degli uomini sulle donne e i maltrattamenti fisici condotti fino alle estreme conseguenze.

L’eterna contrapposizione fra i sessi, la pratica allucinante della sopraffazione dell’uomo sulla donna, narrata dalla Aleramo con poetica crudezza, è ancora purtroppo storia dei nostri giorni!

Ma “Una donna” è anche un inno alla cultura e al suo valore salvifico: la Aleramo non ebbe la possibilità di avere un’istruzione, avendo iniziato a lavorare giovanissima, ma la sua sete di conoscenza la portò a approfondire lo scibile umano in vari ambiti.

La sua ecclettica passione per la conoscenza la trasformò in una donna di grande cultura, precorrendo i tempi moderni nei quali il sapere non è più appannaggio del sesso maschile.

Una donna che, agli inizi del Novecento, collaborava con testate quali “La Gazzetta letteraria”, “L’Indipendente”, “Vita moderna”, e col periodico, di ispirazione socialista, “Vita internazionale”.

Una donna, appunto, che ha vissuto come un uomo della sua epoca, mantenendo la fragilità e la capacità di percepire il mondo con una sensibilità tutta femminile.

Arrivando, per amore della sua libertà, a rinunciare perfino alla genitorialità!

Non so quanti di voi abbiano letto questo romanzo: se non l’avete ancora fatto vi siete perso uno dei fotogrammi più emozionanti sulle donne nella letteratura!