Ho sceso dandoti il braccio, Eugenio Montale
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Questa poesia, una delle più famose e note del poeta è contenuta nella raccolta poetica ” Satura”, e composta in memoria della moglie Drusilla Tanzi.
Il poeta ricorda con tenerezza e dolore la figura della moglie, ripercorre la sua vita con lei attraverso i gesti quotidiani, quelli che appartengono alla vita vera. È bello notare il gioco delle parti, in realtà la moglie essendo affetta da una malattia agli occhi vedeva pochissimo; quindi, era lui a guidare lei nei suoi passi incerti. Ma le riconosce il ruolo fondamentale di guida spirituale. ” Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue”.
Nato a Genova nel 1896 da un’agiata famiglia della media borghesia.
Sempre indeciso sull’indirizzo da dare alla propria vita “pratica”, il poeta arriva fino ai 30 anni senza un lavoro fisso; nel 1927 finalmente venne assunto come redattore presso la casa editrice fiorentina Bemporad.
Dovette quindi trasferirsi a Firenze, dove nel 1929 venne nominato direttore della Biblioteca del Gabinetto Vieusseux fino al 1938, quando fu allontanato dall’incarico perché si era sempre rifiutato di prendere la tessera del Partito fascista.
Questi anni sono caratterizzati da una straordinaria intensità di rapporti umani e culturali. In questo periodo si situa anche l’inizio del rapporto affettivo con Drusilla Tanzi, che sarebbe divenuta ben presto la compagna e poi la moglie di Montale.
Dopo la Liberazione Montale partecipò (per gli affari culturali) al Comitato di liberazione nazionale e aderì, ma per poco, al Partito d’azione (unica e breve partecipazione attiva alla vita politica).
Nel 1948 si trasferisce a Milano, dove lavora come redattore del “Corriere della Sera”; l’attività giornalistica continua quasi fino alla morte, sopraggiunta nel 1981.
Gli ultimi anni sono prodighi di riconoscimenti nazionali (per esempio la nomina a senatore a vita nel 1967) e internazionali (ricordiamo, fra tutti, il premio Nobel assegnatogli nel 1975).