Formule mortali, François Morlupi

Formule mortali – La prima indagine dei cinque di Monteverde, François Morlupi. Salani editore. Nuova edizione

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“La vita è tremendamente deficiente nella forma. Le sue catastrofi avvengono nel modo sbagliato e alle persone sbagliate. V’è un orrore grottesco nelle sue commedie, e le sue tragedie sembrano culminare nella farsa. Si è sempre feriti quando ci avviciniamo alla vita. Le cose durano troppo, o troppo poco.”

Oscar Wilde

Agosto capitolino. La città è semi deserta. La maggior parte dei romani è in vacanza, lontana dal tran tran quotidiano, dai tipici rumori della grande metropoli, dagli innumerevoli doveri che, come una spada di Damocle, pendono sulla testa di tutti. Qualcuno però è rimasto nella capitale, e non accenna a rinunciare alla propria routine. Piergiorgio Massotti, ottantatreenne, insegnante di storia ormai in pensione, è destato dal trillo della sua sveglia poggiata sul comodino che, puntuale alle 5.45, trilla, intonando la nona sinfonia di Beethoven. Il suo essere metodico gli impone il quotidiano allenamento e, come sua abitudine, si reca al parco di Villa Sciarra. Durate il suo solito percorso, alla sua destra, nota qualcosa di strano. A quel punto è dominato dalla curiosità…

“Si accorse di aver calpestato una mano, a cui mancavano tutte le dita (…). Con l’ultima dose di coraggio, invece di indietreggiare, preferì sporgersi dietro l’ultimo cespuglio. Staccò lo sguardo da terra per scoprire l’inimmaginabile.”

L’orrore nel parco in quella che si sarebbe rivelata l’ennesima giornata afosa della capitale non è ancora finito. La scoperta più agghiacciante è non lontano dal ritrovamento dell’arto mutilato.

“Il corpo, o meglio quello che ne era rimasto, era impalato vicino a un albero. Gli arti invece erano stati recisi. Solo il busto era conficcato nel palo, e la punta a costa tagliente era stata fatta penetrare dai genitali, resi indistinguibili dalla grandezza della ferita. La testa della vittima era quasi irriconoscibile, tumefatta dai colpi ricevuti. Era poggiata per terra di fianco al busto penzolante.i due occhi erano chiusi e gonfi come palle da tennis, mentre la bocca con la lingua penzolante emanava dolore, incomprensione e terrore (…). Il busto aveva subìto un’infinita quantità di coltellate o di colpi inferti da oggetti appuntiti. L’uomo aveva dovuto soffrire le pene dell’inferno (…). Gli arti del disgraziato erano disposti in modo particolare, a formare una sorta di lettera E. La gamba sinistra rappresentava la stecca principale, le braccia due delle tre barre orizzontali. Infine la gamba destra, era stata divisa a metà. Una parte completava il disegno, mentre l’altro moncherino era la prima barra di un uguale. La seconda barra era formata con dei tronchi abbastanza spessi…”

Il messaggio di fatto, rappresenta la Legge di conservazione di massa di Einstein. Ma chi si è potuto accanire in modo così brutale contro un uomo? Per quale motivo? E chi è il malcapitato?

Ad indagare sul terribile omicidio viene chiamata la squadra del commissario Ansaldi, del distretto di Monteverde, di cui fanno parte il vice ispettore Loy, gli agenti Caldara, Leoncini e Di Chiara. Ben presto il team scopre che l’efferato delitto è stato addirittura filmato. Presumibilmente, lo scopo è quello di passare il video in rete…

Mentre i poliziotti brancolano nel buio più totale, Enrico, un bimbetto di dieci anni, scopre per caso un altro cadavere in una cantina semibuia e puzzolente.

“La vittima, posizionata in verticale sul tavolo, aveva tutti e quattro gli arti staccati da una sorta di ingranaggio stile medievale. Una grossa ruota era la causa di quell’orrore. Le corde erano state tese al massimo. Il sangue aveva inondato la cantina. Anche in questo caso, la vittima aveva ricevuto molteplici coltellate e la testa era stata recisa (…). La poveretta non era riuscita a controllare le sue pulsioni fisiche, escrementi e urina si erano mischiati al sangue.”

Anche in questo caso, una formula spicca sulla facciata del muro, probabilmente scritta con il sangue della vittima. Stavolta si tratta di Pitagora. Non solo: l’esame autoptico rivela un’altra stranezza. All’interno dello stomaco delle due persone assassinate, il medico legale trova delle monete, che non sono in uso corrente.

“Non porta i simboli di uno Stato. Due linee allungate che si intersecano come a formare un fiocco. Dentro il fiocco, un uomo, sembra un re che stringe nella bocca…una spada.”

L’unica cosa evidente è che si tratta di un simbolo cristiano. Pertanto, Leoncini e Di Chiara decidono di fare chiarezza, consultando un sacerdote che potesse dar loro qualche spiegazione utile per poter progredire nell’indagine.

“È chiamato Ichthys, dal greco antico, che significa pesce. Vedete infatti che la forma è quella di un animale marino. È formato da due curve che partono da un punto. A sinistra abbiamo la testa, mentre la coda è naturalmente la congiunzione delle due curve. È un simbolo usato agli albori del cristianesimo, quando la persecuzione dei cristiani era consuetudine dell’Impero Romano. All’epoca, nel secondo e terzo secolo, i cristiani erano considerati una setta. Non riconoscevano la nutrita schiera di dèi romani e di conseguenza non rispettavano lo Stato, che era strettamente intrecciato con la tradizione religiosa. Per questi motivi politici, alcuni imperatori, soprattutto Diocleziano e Valeriano, ordinarono delle persecuzioni molto severe nei confronti dei cristiani (…). Specialmente la figura di Gesù era vista con sospetto, non era un essere sovrannaturale, al contrario dei personaggi della mitologia greca e romana. Era nato in povertà e morto, sempre secondo i Romani, con disonore. Era incomprensibile venerare un uomo del genere. Pertanto i cristiani vivevano in uno stato di terrore costante e di diffidenza verso chiunque gli si avvicinasse. Dovettero inventarsi dei sistemi per riconoscersi tra loro e non destare sospetti con i pagani. Uno di questi, era appunto la simbologia. Questo pesce è uno dei simboli più antichi. Quando un membro della comunità cristiana incontrava uno sconosciuto, per sapere a quale religione apparteneva, tracciava per terrà uno degli archi che compongono il disegno. Se l’altro completava il pesce, allora i due individui si tranquillizzavano, potevano fidarsi l’uno dell’altro.”

La vicenda assume connotati sempre più inquietanti e il terrore che quelle menti deviate, guidate da motivazioni tanto oscure quanto terribili, possano mietere altre vittime, diventa sempre più plausibile.

Qual è il vero senso di questi delitti così efferati? Cosa c’è realmente dietro? Quanto sangue ancora dovrà essere versato?

In un crescendo di pathos, Morlupi narra una storia assolutamente travolgente. Con una scrittura eccezionale e fruibile a tutti, cerca di entrare in maniera magistrale nei meandri più reconditi e più conturbanti della mente umana. La dicotomia bene/male è perfetta: da un lato gli abomini, mostruosi, terrificanti, che rievocano torture e supplizi praticati senza scrupolo alcuno in un periodo buio della storia dell’umanità; dall’altro, contempla l’esigenza etica di una squadra che si coalizza per stanare un gruppo di folli e invasati, che ledono la sicurezza e la tranquillità di tutta la popolazione. Non solo: ho avuto il piacere e l’onore di conoscere personalmente François, e tutta la sua intelligenza, il suo senso dello humour, la sua straordinaria umanità, sono stati trasferiti pari pari nei personaggi che compongono la squadra di Monteverde. Quei poliziotti che non sono supereroi, ma sono maledettamente umani, con tutte le loro fragilità, le loro paturnie, con le loro storie che, nel bene o nel male, li hanno resi ciò che oggi sono. Ed è quanto di più vero ci possa essere.

Buona lettura!

In una torrida estate romana, un anziano cammina nel parco di villa Sciarra, nell’elegante quartiere di Monteverde. Un odore tremendo attira la sua attenzione. Vicino a una macchia di cespugli scopre, con terrore, una mano mozzata. Poco più in là, gli arti amputati di un uomo sono disposti sul terreno a disegnare una celebre formula fisica. Il brutale omicidio turba la quiete del quartiere, ma soprattutto sconvolge l’instabile equilibrio del commissario Ansaldi, che con il trasferimento nella capitale sperava di aver trovato una tregua agli orrori cui ha assistito nella sua lunga carriera in polizia. Meticoloso e sensibile, la sua grande umanità lo porta a essere preda perfetta dell’ansia e degli attacchi di panico. Ciononostante rimane un professionista integerrimo che davanti al dovere non si tira mai indietro: costi quel che costi, troverà l’assassino. Ma prima dovrà capire come creare uno spirito comune con gli agenti della sua squadra investigativa, non meno unici e fragili di lui. Insieme, diventeranno i Cinque di Monteverde. Con il suo stile inconfondibile, che alterna il buon umore alla malinconia, Morlupi getta uno sguardo sugli abissi non solo di una mente criminale, ma della nostra intera società, che nasconde in bella vista i suoi istinti più feroci.

François Morlupi (Roma, 1983), italo-francese, lavora in ambito informatico in una scuola francese di Roma. Con Salani ha pubblicato Come delfini tra pescecani (2021) e Nel nero degli abissi (2022), vincendo con entrambi il Premio Scerbanenco assegnato dai lettori, oltre a numerosi altri riconoscimenti. Formule mortali è stato pubblicato per la prima volta nel 2018, ha dominato per mesi le classifiche degli ebook e torna finalmente in libreria in una nuova edizione ampiamente riveduta.

Autore: François Morlupi

Titolo : Formule Mortali

Editore: Salani

EAN: 9788831011402

Pagine: 400