Una raccolta di racconti pieni di sicilianità, 13 racconti scritti fra il 1959 e il 1972 e pubblicata nel 1973
Racconti scritti il secolo scorso , ma che si leggono ancora con piacere, il tempo non ha minimamente intaccato la loro efficacia e peso letterario.
Il mare color del vino da il nome alla raccolta , il mare di Taormina al tramonto che prende colori speciali secondo le parole di Nenè il vivace bambino protagonista insieme alla sua famiglia del racconto , un viaggio in treno di un ingegnere del continente insieme ad una tipica famiglia siciliana.
Tratta molteplici temi ; dall’emigrazione e già anche noi eravamo migranti nel racconto “ il lungo viaggio”, al caporalato un reclutatore di una fabbrica in Svizzera arriva nei piccoli paesi dell’entroterra siciliano a reclutare manodopera femminile a basso costo, Il sospetto in un caso di coscienza da cui fu tratto anche un film, la mafia o meglio la negazione della mafia come realmente è da parte dei siciliani , una mafia vista quasi in maniera romantica come il vendicatore di torti subiti , la paura di pronunciare questa parola come il professore nel mare color del vino che sdegnato afferma che la mafia non esiste. La religione come speranza ed appiglio per meglio sopportare la disperazione di una vita povera e difficile.
Stavano, con le loro valigie di cartone e i loro fagotti, su un tratto di spiaggia pietrosa, riparata da colline, tra gela e Licata: vi erano arrivati all’imbrunire, ed erano partiti all’alba dai loro paesi;paesi interni, lontani dal mare, aggrumati nell’arida piaga del feudo.
Un’analisi ironica , amara e disillusa della Sicilia del secolo scorso con caratterizzazione dei personaggi precisa, quelle immagini che hanno creato negli anni scorsi lo stereotipo del siciliano con la coppola e la lupara. Il lettore ne è avviluppato ed a tratti prova quasi una sofferenza dovuta ad una profonda introspezione che la lettura provoca, quasi un disegnare le miserie interiori dell’essere umano , con la penna amara tipica di Sciascia.
Io ne consiglio vivamente la lettura
Titolo : Il mare colore del vino
Autore : Leonardo Sciascia
Editore : Adelphi
Collana : Gli Adelphi
Prezzo : € 10
Scrittore e uomo politico italiano.
Esordisce sotto il segno di una prosa poetica (Favole della dittatura, 1950; La Sicilia, il suo cuore, 1952) che lascia però presto il passo ad una vena che si rivelerà per lui più feconda.
A dire dello stesso Sciascia, la sua cifra più autentica affonda infatti le radici in «una materia saggistica che assume i modi del racconto».
Questa direzione è subito evidente fin da Le parrocchie di Regalpetra (1956) e Gli zii di Sicilia (1958), che mostrano come gli spunti di cronaca isolana si sappiano fare pretesto e cornice per indagare sul costume sociale e le sue degenerazioni.
Esempi ancor più compiuti in tal senso saranno Il giorno della civetta (1961) e A ciascuno il suo (1966), che affrontano il tema della mafia, i suoi delitti e le eterne connivenze fornite da un abito mentale e culturale di condiscendenza.
Lungo tutto l’arco della sua attività di narratore, la sua natìa Racalmuto sarà trasfigurata (alla maniera che diverrà poi tipica del realismo magico sudamericano e della Macondo di Marquez) nell’immaginario paese di Regalpetra.
La lingua di Sciascia e il suo afflato narrativo pervadono anche la produzione di racconti, che sono forse la misura nella quale maggiormente si rivela il debito contratto dalla cultura dell’autore con l’illuminismo: Il Consiglio d’Egitto (1963), ambientato nel periodo delle riforme settecentesche; Morte dell’inquisitore (1964), sulla peculiare figura di un santo brigante; Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A.D. (1969, in forma di pièceteatrale), prendente il suo spunto da un conflitto fra stato e chiesa nel 1700
Su scrittori e cose di Sicilia, Sciascia a scritto ancora diversi volumi, fra i quali citeremo Feste religiose in Sicilia (1965), La corda pazza (1970), una raccolta di interventi letterari, e La Sicilia come metafora (1979).
Negli anni Settanta la sua presenza in seno al dibattito culturale e sociale italiano si fa ancor più accesa, fino a concretarsi in un’esperienza diretta alla vita politica del Paese, in veste di deputato al parlamento nazionale ed europeo.
La sua produzione del decennio, non a caso, riflette questo rinnovato impegno; e, dopo i racconti di Il mare colore del vino (1971) e Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971), Sciascia si dedica completamente a mettere a fuoco i problemi del suo tempo.
Ne Il contesto (1971) e Todo modo (1974, dal quale verrà tratto un film con Gian Maria Volonté protagonista) descrive la ragnatela di complicità che sottende un potere corrotto e quasi kafkiano nella sua inesorabilità, soprattutto quello di emanazione cattolica; in I pugnalatori (1976), rievoca uno storico complotto tramato contro lo stato nel 1862, e stabilendo per questo tramite un parallelismo inquietante con la situazione presente; in Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia (1977) si riaggancia al celebre racconto di Voltaire, trasponendone la vis fortemente antiideologica nei tempi moderni; in L’affaire Moro (1978) affronta l’uccisione del presidente della DC, e in Dalle parti degli infedeli (1979) muove un deciso j’accuseall’ingerenza della chiesa nella vita politica del paese.
Parallelamente allo sviluppo della sua vena “d’intervento”, per così dire, Sciascia prosegue nel coltivare un filone narrativo d’impianto più tradizionale, e che a volte allude a stilemi tipici del giallo.
A questa parte della sua produzione appartengono senz’altro La scomparsa di Majorana, 1975; Il teatro della memoria, 1981.
Nero su nero (1979) è invece un “diario in pubblico”, con il quale l’autore impugna e ironicamente sovverte l’accusa di pessimismo che, spesso strumentalmente, gli è stata rivolta.
Con Occhio di capra (1985) Sciascia si fa narratore, per gli uffici di un dizionario dei modi di dire, dei molti aspetti magici ed evocativi del mondo siciliano.
Tra le sue ultime opere ricordiamo: La strega e il capitano (1986), Il Cavaliere e la morte (1989), Una storia semplice (1989).
La descrizione
È un libro di racconti scritti fra il 1959 e il 1972. Così Sciascia stesso: “… mi pare di avere messo assieme una specie di sommario della mia attività fino ad ora e da cui vien fuori… che in questi anni ho continuato per la mia strada, senza guardare né a destra né a sinistra (e cioè guardando a destra e a sinistra), senza incertezze, senza dubbi, senza crisi (e cioè con molte incertezze, con molti dubbi, con profonde crisi); e che tra il primo e l’ultimo di questi racconti si stabilisce come una circolarità”. Una circolarità che non ha per nulla intaccato, e anzi esalta, la felicità e l’efficacia delle storie qui riunite come in un breve compendio delle molte voci narrative di Sciascia
Uno scritore affascinante!!!!