Antonella Ossorio è autrice di libri di narrativa per bambini e ragazzi pubblicati da Einaudi, Rizzoli, Giunti, Electa e altre Case Editrici. Nel 2014 è uscito per i Coralli Einaudi il suo romanzo La mammana (Premio Società Lucchese dei Lettori 2015).
Abbiamo parlato con lei e ci raccontato il suo libro pubblicato recentemente da Neri Pozza Editori ” La cura dell’acqua salata”, in questa interessantissima intervista.
La cura dell’acqua salata la nostra recensione
Buongiorno e benvenuta nel nostro blog.
Buongiorno, sono felice di essere tua ospite.
Chi è Antonella Ossorio?
Ho insegnato per alcuni anni nella Scuola Primaria e in quella per l’infanzia. La passione per la scrittura in me è sempre stata presente, ma non avrei mai creduto che potesse trasformarsi in un lavoro a tempo pieno; non che questo mi sembrasse un traguardo irraggiungibile, semplicemente non faceva parte dei miei programmi. Poi, a un certo punto, dopo aver saccheggiato l’opera dell’amato Rodari e di altri autori allo scopo di trarne adattamenti in versi da far portare in scena ai miei alunni, ho iniziato a scrivere testi ex novo, esclusivamente “a uso interno”. Tuttavia, grazie al pizzico di fortuna che in molti casi svolge un ruolo fondamentale, il passaggio alla pubblicazione non è stato complicato. Ho sottoposto i miei scritti a una casa editrice, la Raffaello di Jesi, che subito mi ha commissionato una raccolta di fiabe classiche in rima. In seguito ho pubblicato testi sia in rima che in prosa con alcune fra le maggiori Case Editrici italiane: Einaudi Ragazzi, Emme Edizioni, Rizzoli, Giunti, Electa.
Ha pubblicato tanti libri per ragazzi come sei arrivata al libro “ la cura dell’acqua salata” ?
Ci sono arrivata dopo un altro romanzo (“La mammana”, pubblicato nei Coralli Einaudi – Premio Società dei Lettori di Lucca 2015) a sua volta destinato a un pubblico di adulti; ma anche dopo tanti racconti inseriti in antologie, dopo una raccolta tutta mia (“Passaggi di stagione”, Besa) e dopo il mio primo romanzo in assoluto, “L’unicorno sulle scale” (Falzea), che ebbe scarsa diffusione, ma al quale tengo molto. Insomma, negli anni ho scritto per lettori di ogni età. Ma praticare la narrativa per l’infanzia mi ha regalato una “cifra” che, senza alcuna forzatura, mi è congeniale in assoluto: amo trattare con mano lieve qualunque argomento, anche quello più delicato.
Perché la cura dell’acqua salata? Ha un significato?
L’acqua salata è, ovviamente, quella del mare. Ma anche, parafrasando Karen Blixen della quale il romanzo riporta in esergo un breve dialogo tratto dal racconto “Diluvio a Norderney”, le lacrime e il sudore. La fatica di vivere, potremmo dire; e la scoperta che il male (nel romanzo “marusia”, un termine che in galiziano settecentesco significa, letteralmente “inquietudine del mare” ) e la cura, talvolta possono coincidere. Guardare in faccia le proprie paure è, secondo me, l’unico modo per sconfiggerle. Così come “La mammana”, questo è un romanzo sull’identità, che ruota intorno a una domanda: considerati i condizionamenti ai quali tutti siamo fatalmente sottoposti, quanto è difficile esprimere davvero il nostro io più profondo?
Un gioiello che porta con sé una maledizione che passa da generazione a generazione, come ti avvicini a questo argomento un po’ esoterico se vogliamo.
Nel modo più naturale. Da ragazza mi sono nutrita di realismo magico sudamericano, Napoli – dove sono nata e dove vivo da sempre – è una città nella quale la magia (mescolata a molti altri, e contraddittori aspetti) si respira nel quotidiano. E, ancora una volta, nella letteratura per l’infanzia il magico e il fiabesco sono aspetti essenziali.
Il romanzo è dedicato al genio di Lamont Young come è nata la scelta di ricordarlo e dedicargli un romanzo?
E’ stata una conseguenza diretta e inevitabile del fatto di aver ambientato una parte del romanzo a Bagnoli; in una zona di Napoli più decentrata rispetto, per esempio, ai Decumani, ma che rappresenta efficacemente la parabola dell’intera città: le potenzialità non utilizzate, le promesse tradite, i nodi mai sciolti. Anche se il romanzo narra di molto altro, mi stava a cuore farne un omaggio alla visione profetica del grande architetto Lamont Young, alle soluzioni innovative che gli fu impossibile realizzare. A quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
Tre periodi storici e tre luoghi distanti tra loro. Qual è il trait d’union?
La storia è (anche) una saga familiare. I personaggi sono uniti da legami di sangue e dalle memorie ancestrali che, chi più chi meno, hanno ereditato dagli antenati.
“SAPO” tradotto dalla lingua spagnola significa “rospo”. Come si associa ad un gioiello?
Pare, ma le fonti la riportano comunque come una supposizione, che l’associazione sia nata dalla somiglianza tra la superficie del gioiello, interamente lavorato in filigrana, e la pelle scabra del rospo.
Come nasce l’idea di affrontare una tematica cosi particolare?
Nasce, in primo luogo, dal desiderio di scavare tra le mie radici; napoletane, ma prima ancora galiziane.
Esiste il Bene tanto quanto il Male, e la terribile ” usanza” delle fatture a discapito di ignari destinatari sembra ancora essere in voga soprattutto in particolari ambienti socio/culturali. Cosa ne pensi?
La superstizione è ancora molto più diffusa di quanto si possa pensare, non soltanto in determinati ambienti e non soltanto al Sud. Ma in questo romanzo racconto di qualcosa di diverso. La presunta maledizione legata al sapo, così come il gioiello stesso, ha essenzialmente un valore simbolico.
Un sogno nel cassetto e il prossimo progetto.
Sogno nel cassetto: un viaggio in Galizia. Paradossalmente, una delle poche regioni della Spagna che ancora non ho visitato. Il prossimo progetto è un nuovo romanzo; stavolta più contemporaneo, ma comunque con rimandi al passato. Un passato meno remoto, gli anni ’70 del ‘900: non c’è niente da fare, per me la chiave di lettura del presente è racchiusa nella memoria.
La ringrazio di essere stata con noi.
E’ stato un piacere, grazie a voi.