CASTEL SANT’ANGELO: TRA STORIA E LEGGENDA

Castel Sant’Angelo tra storia e leggenda.

Roma: città poliedrica, simbolo di un impero millenario le cui tracce sono ancora vivide, tangibili, inequivocabili. Incanta, ammalia, rapisce e stupisce. Si cammina nella Storia, la si contempla estasiati ed essa si riflette negli occhi degli innumerevoli passanti, attraversandoli con disinvoltura e fierezza. Tra i molteplici siti che simboleggiano l’eternità e la magnificenza di questa controversa metropoli, spicca senz’altro Castel Sant’Angelo, noto anche come Mausoleo di Adriano o Cagliostra, che si specchia nelle pigre acque del Tevere. Durante il corso del tempo ha subito diverse trasformazioni strutturali e architettoniche, per giungere a noi così come lo conosciamo.

Ma facciamo un salto temporale indispensabile per comprendere la sua nascita e le molteplici variazioni: nel 135 d. C. l’imperatore Adriano commissiona all’architetto Demetriano un mausoleo che possa ospitare le sue spoglie e quelle della sua famiglia. Il modello di base è il mausoleo di Augusto, ma Adriano desidera che il suo sia più imponente. La realizzazione del monumento termina nel 139 d. C., durante il regno del successore di Adriano, Antonino Pio. L’edificio consisteva in un’ampia base quadrata di 89 metri e alta 12, su cui è stato innalzato un tamburo colonnato cilindrico con un diametro di 64 metri. Il tamburo è stato coperto con un ammasso di terra sormontato da una statua di Adriano alla guida di una quadriga, raffigurato come il sole posto su un alto basamento o, secondo altri, su una tholos circolare. L’opera fu eretta sulla riva destra del Tevere, di fronte al Campo Marzio. Il ponte di Castel Sant’Angelo (noto anche come pons Aelius, Ponte Elio, in onore del Dio Helios), ne costituiva l’unica via d’accesso. Attorno al mausoleo correva un muro di cinta con cancellata in bronzo decorata da pavoni di bronzo dorato, due dei quali sono conservati al Vaticano. Il mausoleo ha ospitato i resti dell’imperatore Adriano e di sua moglie Vibia Sabina, dell’imperatore Antonino Pio, di sua moglie Faustina maggiore e di tre dei loro figli, di Lucio Elio Cesare, di Commodo, dell’imperatore Marco Aurelio e di tre dei suoi figli, dell’imperatore Settimio Severo, di sua moglie Giulia Domna e dei loro figli e imperatori Geta e Caracalla.

In seguito alle numerose incursioni da parte di barbari e saccheggiatori, nel 403 d. C., l’imperatore d’Occidente Onorio decide di includerlo nelle mura aureliane adibendolo a fortezza ed è in questo periodo che per la prima volta viene riconosciuto anche con l’appellativo di castellum. Salva la zona del Vaticano dal sacco dei Visigoti di Alarico del 410 e dei Vandali di Genserico del 455.

Con l’avvento di Teodorico, il sepolcro degli imperatori muta completamente aspetto: le camere diventano celle e vengono posizionate delle grate alle finestre. Nasce un nuovo carcere di stato, in cui supplizi e torture divengono operazioni comuni.

È nel 590 che il monumento acquisisce il nome attuale: Roma è flagellata dalla peste, e papa Gregorio organizza una processione. Mentre il pontefice sta attraversando Ponte Elio, ha la visione dell’arcangelo Michele che, in cima al mausoleo, rinfodera la sua spada. Ciò viene interpretato come presagio della fine dell’epidemia, e in effetti così accade.

Nel corso dei secoli il possesso della maestosa opera è stato oggetto di contesa da parte di numerose famiglie, fino a quando, nel 1367, le chiavi vengono consegnate a papa Urbano V. Da questo momento Castel Sant’Angelo lega in modo imprescindibile le sue sorti a quelle dei pontefici: per la sua struttura solida e fortificata i papi lo utilizzeranno come rifugio nei momenti di pericolo, per ospitare l’Archivio e il Tesoro Vaticano, come tribunale e prigione.

Con il trascorrere del tempo, in molti si sono adoperati per fortificare ulteriormente il castello.

Dopo l’Unità d’Italia viene inizialmente impiegato come caserma, poi è destinato a museo.

Molti sono stati “ospiti” delle tremende prigioni, da personaggi noti a perfetti sconosciuti: ai suoi merli, Ottone III fa impiccare Crescenzio, mentre Gregorio VII vi assedia Enrico IV. Nel 1440 vi muore prigioniero il cardinal Vitelleschi, governatore dello Stato Pontificio. Nel 1453 vi è impiccato Stefano Porcari, e diversi anni dopo vi sono imprigionati e accusati di congiura ed eresia gli umanisti Bartolomeo Sacchi (Platina) e Pomponio Leto; nei primi anni del 1500 vi trovano la morte alcune vittime dei Borgia. Nel 1527, per sfuggire ai soldati di Carlo V, papa Clemente VII vi si rifugia, così come farà anche Benvenuto Cellini, orafo e scultore. Qui termina la vita di fra’ Benedetto da Foiano e il cardinal Carafa; abitano le celle del castello anche Vittoria Accoramboni e il suo amante Paolo Giordano Orsini. Benvenuto Cellini fa ritorno al castello, questa volta in veste di prigioniero perché accusato di furto nella tesoreria del papa. Inizialmente, viene rinchiuso in una cella destinata a persone di riguardo, ma evade calandosi con una corda creata con le lenzuola. Viene nuovamente catturato, e relegato in una delle più terribili celle della struttura: quella detta Sammalò o San Marocco. Il condannato qui viene calato dall’alto, in una cella tanto stretta, la cui unica posizione congenita è quella di stare piegati a metà, perché non ci si può stare né in piedi, né sdraiati. Ma, per sua fortuna, dopo un po’ di tempo viene perdonato e poi liberato. Approdano tra le infauste mura, nel 1587, dove verranno processati, Giordano Bruno e Beatrice Cenci, quest’ultima incolpata insieme ad altri membri della sua famiglia, dell’assassinio del padre Francesco. La donna verrà decapitata a Piazza Ponte, luogo della maggior parte delle esecuzioni in quei tempi. La detenzione è tragica anche per Giacinto Centini, accusato di aver attentato alla vita di papa Urbano VIII attraverso l’uso di arti magiche. Non scampa neppure il “conte di Cagliostro “, Giuseppe Balsamo, condannato dall’Inquisizione, e rinvenuto privo di vita nella sua cella.

A partire dal XVII secolo, Castel Sant’Angelo perde il ruolo di residenza per tramutarsi, in via quasi esclusiva, un carcere politico. Oppositori del potere temporale, carbonari e patrioti finiscono i loro giorni di prigionia all’interno di questo castello, almeno fino al settembre del 1870, anno in cui Roma viene proclamata capitale del regno d’Italia.

E poi ci sono le leggende…

La prima riguarda il periodo dell’epidemia di peste, e narra di un angelo e un diavolo che giravano per la città: l’angelo indicava con la sua spada le porte delle case, mentre il diavolo con uno spiedo batteva alla porta; a ogni colpo una persona nell’abitazione moriva. Papa Gregorio Magno, così come abbiamo già accennato prima, organizzò una processione penitenziale, pregando affinché la popolazione potesse sollevarsi da questa infausta piaga. Avendolo visto rinfoderare la sua spada e proprio in memoria di ciò, venne realizzata la statua di un angelo che ripone la sua spada. Questa prima statua era di legno e venne sostituita in seguito all’usura del materiale. La seconda, di marmo, fu distrutta nel 1379 durante ad un assedio. Una terza, realizzata in marmo con ali di bronzo, andò in pezzi quando un fulmine colpì il castello e fece esplodere un deposito di polveri da sparo. Nel 1497 si passò a una statua interamente di bronzo, fusa nel 1527 per realizzare dei cannoni. Si passò ancora ad un’altra versione in marmo per poi giungere all’attuale figura di bronzo realizzata nel 1753 dallo scultore fiammingo Peter Anton von Verschaffelt. La precedente statua è visibile adesso nel Cortile dell’Angelo.

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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