Il perimetro della menzogna, Alessandro Cadelano. Edito Eiffel House.
Come di consueto, prima di avviare la lettura, guardo la copertina e mi ritrovo davanti la foto in bianco e nero di un campo di concentramento, con una svastica nera e una macchia rossa: sembra risucchiarmi in quel “perimetro” che evoca l’orrore dell’olocausto!
Se abbandono la mia riluttanza a leggere ancora una volta un libro sugli orrori del passato è proprio perché so che l’autore ha scelto di darci una lettura “diversa” di questo capitolo storico. Egli, infatti, tratta l’argomento seguendo la storia di chi si è ritrovato, suo malgrado, nel ruolo del carnefice “per formazione”, senza avere alcuna possibilità di sottrarsi alla follia del regime nazista.
Quando inizio a leggere, per il tema tristemente noto, l’atmosfera dei lager è presto ricostruita nella mia mente: è quella dei tanti film visti e degli innumerevoli libri letti, nonché delle tristi pagine di storia studiate…
Il nuovo però è nel personaggio, Frederic, che seguo con empatia, con tutto il suo bagaglio di emozioni, in quell’andirivieni temporale dal presente a un passato impossibile da dimenticare: dal 1996 al 1944, è l’anziano che racconta la propria infelice gioventù nel campo di Bergen Belsen, in cui era stato inviato per servire la patria.
Anche lui, come tutti gli altri, aveva subito la manipolazione informativa e psicologica che lo aveva convinto della superiorità della razza ariana, pura e sana, e dell’inferiorità delle altre, bastarde e parassite. Anche lui, pertanto, si trovò obbligato a far fuoco: chiudeva gli occhi e premeva il grilletto evitando di fissare il malcapitato di turno. Non c’era alcun modo di sottrarsi alla legge del campo: “o uccidi o vieni ammazzato”.
“Il tempo che impiegherà il mostro che dorme in te a svegliarsi è molto breve” gli aveva detto Alex, ma non era stato così. Frederic era e restava un essere umano e l’ideologia di cui era imbevuto non era sufficiente a farlo diventare come gli altri, in quel luogo in cui “La morte aveva trovato il suo paese dei balocchi” e “nemmeno i bambini erano più intimoriti al pensiero della morte, perché questa, lì dentro, era divenuta la loro migliore amica e l’unica possibilità per smettere di soffrire”.
Il senso di impotenza provato dinanzi all’immane tragedia che si svolgeva davanti ai suoi occhi lo avrebbe portato con sé per sempre. Aveva provato a salvare qualcuno, o almeno a ritardarne la fine, ma niente di più.
“Le foto di corpi trucidati di neonati e donne sottomessi a esperimenti di ogni genere” gli comunicavano con chiarezza che in quel covo di belve era impossibile arginare il male.
La lettura è scorrevole, avvincente, ma le emozioni tendono a rallentarla, perché si respira l’orrore che riecheggia nella mente: nei campi di concentramento, nei vagoni che trasportano il carico di umanità sofferente, nel fetore che offende il corpo e l’animo, nello sguardo carico di un odio incomprensibile.
Per un attimo mi illudo che un lieto fine possa sempre esistere, almeno per qualcuno, che possa vivere la speranza di una salvezza nel mondo dell’orrore; invece, forse bisogna solo accontentarsi di una tardiva riconciliazione con sé stessi. Perdonarsi!
“Le vecchie pupille di Frederic fissavano il vuoto. Raccontare il suo passato lo portava automaticamente a riviverlo nel bene e nel male, anche se di bene ce n’era davvero poco.”
È un libro che consiglio a tutti, senza distinzione d’età.
Nella scuola, in particolare, può essere utilizzato per l’approfondimento della tematica, in modo che la lettura comparata di vari testi possa avviare dibattiti sempre più ricchi e completi sull’argomento.
MARIA TERESA LEZZI FIORENTINO
Un freddo mattino Frederic si prepara ad affrontare il viaggio verso Bergen-Belsen. Ogni anno, nonostante l’età, sale su un autobus diretto al campo di sterminio, con una stella di David sul petto,
come per compiere un rito necessario. La curiosità di un giovane passeggero, convinto di parlare con un deportato superstite, cambierà per sempre la vita di Frederic. Per la prima volta offrirà la sua testimonianza, il racconto di un soldato tedesco negli anni del Terzo Reich. Il viaggio della memoria si compie lungo la strada dei ricordi di Frederic: la scuola di addestramento, l’arrivo a Bergen-Belsen, le illusioni e lo scontro con la realtà, le atrocità dei campi di concentramento, fino al giorno della liberazione tanto agognata anche dal giovane soldato, al contempo vittima e complice della menzogna del regime nazista.
Con profondità emotiva e precisione chirurgica dei sentimenti, Alessandro Cadelano ci accompagna in uno dei più atroci capitoli della storia dell’umanità attraverso una prospettiva controversa, quella di un giovane nazista, fiducioso nel regime e imbevuto di propaganda, che sconvolto dalla verità dei campi di concentramento e dalle violenze perpetrate sui prigionieri, tocca con mano la follia del progetto di Hitler, il Führer in cui aveva creduto e per cui era stato disposto a dare la vita.
Autore: Alessandro Cadelano
Editore: Eiffel
Anno edizione: 2021
In commercio dal: 1 gennaio 2021
Pagine: 192 p., Brossura
EAN: 9788895447421
Magnifica, magnifica recensione. Anche se questa parola stona con quello che Teresa descrive. Ma è l’unica parola che può definire la grandezza. La grandezza intesa come enormità del male che questo libro, dalla prospettiva così diversa, ci offre insieme a onde di dolore. E ci rendiamo conto che il dolore del male che viene compiuto non è solo quello delle vittime ma anche quello di chi non ha saputo o potuto opporsi a perpetrarlo. Non so se io avrò il coraggio di leggerlo ma so che ha ragione Teresa. Andrebbe letto anche nelle scuole.