JOHN WAYNE GACY: LA TERRIBILE STORIA DEL PAGLIACCIO ASSASSINO

Foto di prenotazione di Gacy scattata dal dipartimento di polizia di Des Plaines, dicembre 1978 rilasciata in pubblico dominio.

JOHN WAYNE GACY: LA TERRIBILE STORIA DEL PAGLIACCIO ASSASSINO

Da quando l’uomo ha avuto la possibilità, le imprese compiute sono state ampiamente documentate, sia che si trattasse di opere positivamente memorabili, sia, purtroppo, che fossero azioni abominevoli e spietate. La storia e pregna di eventi terribili, che hanno lasciato una scia di dolore, di morte, di orrore. Tra i peggiori killer che hanno segnato profondamente la coscienza e un periodo che definirei macabro, non può non essere citato John Wayne Gacy, conosciuto anche come il killer clown, colui che si ritiene avesse ispirato la figura di Pennywise nel grande capolavoro di King, It, e che ha barbaramente massacrato trentatré ragazzini di sesso maschile di età compresa tra i 16 e i 22 anni. Un’escalation di violenza, sadismo e brutalità oltre ogni limite immaginabile.

Il criminologo e grafologo forense Vincenzo Mastronardi lo illustra in questi termini:

“Un bambino narcisista che utilizzava gli altri per finalità strumentali, dei subumani con i quali non aveva alcun tipo di empatia e con cui non vi era alcuna condivisione emotivo-sentimentale. Gacy era un anaffettivo. Gli altri erano solo strumenti nelle sue mani.”

Anche Silvio Ciappi, criminologo e scrittore senese, ha la sua idea che così esprime:

“Gacy è un adulto che nasconde un’altra faccia, quella del bambino vilipeso, vittima del padre, che vuole riprendersi una rivincita sul suo passato. Ecco perché utilizza la maschera da clown.”

Ma andiamo per gradi, e analizziamo la storia di quest’uomo partendo dai suoi primi anni di vita.

John Wayne Gacy nasce a marzo del 1942 a Chicago, da John Stanley Gacy e Marion Elaine Robinson. Secondo di tre figli, la sua è stata un’infanzia tutt’altro che felice. Bambino in sovrappeso, comincia a subire abusi fisici e psicologici da parte di un padre alcolizzato e certamente non empatico, che accusa il piccolo di non essere abbastanza mascolino, arrivando a definirlo addirittura “scemo”, “femminuccia” e “ciccione froc*o”, umiliandolo anche pubblicamente. Gacy continua a ricercare costantemente approvazione e benevolenza da parte del padre, invano, e ciò avrà ripercussioni dolorose per tutta la sua esistenza. Ancora Ciappi, rispetto a questa specifica circostanza, dice:

“John Wayne Gacy ha vissuto sotto l’ombra di un padre duro e punitivo. Un padre che non perdeva occasione di bersagliarlo dicendogli che era “scemo”, che da adulto sarebbe diventato un omosessuale. Tant’è che, quando ucciderà, chiamerà le sue vittime “teppistelli”, “fro*i insignificanti”: gli stessi dispregiativi con cui il padre era solito rivolgersi a lui durante l’infanzia. Da adulto, non ha fatto altro che ripercorrere questo antico abbattimento dell’autostima passando dallo stato di vittima a quello di carnefice”.

All’età di nove anni subisce molestie sessuali da parte di un amico di famiglia che è solito frequentare casa sua. Nel 1964 lascia la dimora paterna in cerca di un lavoro a Las Vegas. Qui entrerà nel servizio ambulanze e poi all’obitorio, dove resterà per circa tre mesi. Più tardi rivelerà di aver avuto attenzioni particolari per il cadavere di un adolescente. Fa ritorno a casa, si iscrive alla facoltà di economia e commercio e si laurea a pieni voti, diventando poi un bravissimo dirigente di una catena di fast food. Comincia a frequentare Marlynn Myers, con la quale convola a giuste nozze dopo nove mesi e dalla cui unione nascono due figli. Tutto perfetto, apparentemente…

Ben presto Gacy si macchia di un primo crimine: con la scusa di guardare un film pornografico, irretisce il figlio di un amico, il quindicenne Donald Voorhees, lo fa ubriacare e lo costringe a consumare un rapporto orale. Il giovane riuscirà a confessare l’accaduto solo un anno e mezzo dopo; Gacy è così arrestato e condannato nel 1968 per sodomia a dieci anni di reclusione da scontare nel penitenziario maschile di Anamosa. La moglie chiede il divorzio, e lui perde il diritto di vedere i suoi figli. Durante il regime di detenzione, il futuro mostro si rivela un detenuto modello, beneficiando di dodici mesi di libertà condizionata. Esce in via definitiva nel 1971, pronto a ricominciare una nuova vita. Compra una casa nella sua città natale grazie al contributo economico della madre, dove va a vivere con la nuova moglie. Ma anche questo matrimonio è destinato ad arrivare al capolinea e quella casa sarà adibita a ultima spiaggia per tanti giovani innocenti. Apre un’impresa edile e si dedica ad attività di volontariato, che lo ergono a figura di spicco nella sua comunità. Le esibizioni sono dedicate ai bambini, durante le quali si traveste da pagliaccio, scegliendo addirittura un nome d’arte: Pogo the clown. Dietro quel sorriso facile, sotto quella maschera da benefattore, si cela ben altro…

È sempre Ciappi a chiarire anche questo aspetto:

“Gacy era un imprenditore di successo, benefattore pubblico ma anche un feroce assassino. Questo è il frutto di quel fenomeno che in psicoanalisi si chiama dissociazione. L’essere umano ha la tendenza a dimenticare le esperienze traumatiche vissute nel corso della propria infanzia perché avrebbe un costo enorme trascinarsele dietro. Salvo che poi queste, come nel caso di Gacy, possono riaffiorare sotto forma di agiti violenti dei quali si perde la traccia, la motivazione. Ed è il motivo per cui ha mietuto così tante vittime.”

Nel 1972, Gacy viene fermato nuovamente dalle forze dell’ordine con l’accusa di aver molestato un altro giovane fingendosi un agente di polizia, mostrando un distintivo falso, facendo salire il ragazzo nella sua auto e costringendolo a praticargli una fellatio. Tutte le accuse, però, vengono ritirate quando John offre una lauta ricompensa alla famiglia del malcapitato in cambio del loro silenzio.

L’escalation di orrore e di morte sta per cominciare, inarrestabile…

Nel 1972 abborda un sedicenne, Timothy Jack McCoy, in prossimità di una fermata di autobus. Prima lo accompagna a fare un giro turistico per Chicago, poi lo porta a casa sua, dicendogli che avrebbe potuto passare lì la notte.

La mattina dopo Gacy racconterà di aver visto il ragazzo vicino al suo letto con un coltello in mano. John si spaventa, afferra il coltello e dopo una violenta colluttazione, pugnala ripetutamente il giovane al petto. Poi va in cucina, dove trova una colazione in divenire: si rende conto che quel coltello serviva al ragazzo per tagliare il bacon, e che voleva fargli una sorpresa. Il suo corpo sarà seppellito in cantina, coperto con del calcestruzzo. A tal proposito lo stesso Gacy dirà di aver avuto un orgasmo completo mentre uccideva il giovane e in un’intervista successivamente riferirà:

“Fu allora che mi resi conto che la morte era l’emozione più grande.”

Il secondo omicidio avviene nel 1974, un altro giovane mai identificato morto strangolato e sepolto poi nel cortile di casa.

Il modus operandi è sempre lo stesso: adesca le vittime, sempre giovanissime, che spesso lavorano presso la sua impresa. Le porta a casa, le stordisce con cocktail o cloroformio, le sodomizza e tortura con vari strumenti fino poi ad ammazzarle, soffocandole non di rado con un calzino infilato in gola. Nella sua versione completamente distorta della realtà, per Gacy le prende altro non sono se non degli strumenti funzionali al proprio ed esclusivo soddisfacimento. Rappresentano degli schiavi, sui quali esercitare non solo il totale controllo fisico, ma anche tutte le sue frustrazioni. Si evince il rapporto disfunzionale con il padre: Gacy ha riprodotto, portandolo all’estremo, lo schema comportamentale che il padre per anni ha esercitato nei suoi confronti.

Ricordiamo qui tutte le vittime:

Timothy McCoy, di anni 16, sparito il 3 gennaio 1972;

Ignoto, tra i 14 e i 18 anni, sparito nel 1974;

John Butkovitch, anni 18, sparito il 31 luglio 1975;

Darrell Sampson, anni 18, sparito il 6 aprile 1976;

Randall Reffett, anni 15, sparito il 14 maggio 1976;

Sam Stapleton, anni 14, sparito il 14 maggio 1976;

Michael Bonnin, anni 17, sparito il 3 giugno 1976;

William Carroll, anni 16, sparito il 13 giugno 1976;

Ignoto, tra i 23 e i 30 anni, sparito nell’estate 1976;

James Haakenoson, anni 16, sparito il 5 agosto 1976;

Rick Johnston, anni 17, sparito il 6 agosto 1976;

Ignoto, tra i 18 e i 22 anni, sparito tra l’estate e l’autunno 1976;

Ignoto, tra i 15 e i 24 anni, sparito tra l’estate e l’autunno 1976;

Kenneth Parker e Michael Marino, 16 e 14 anni, spariti il 24 ottobre 1976;

William Bundy, anni 19, sparito il 26 ottobre 1976;

Francis Wayne Alexander, anni 21, sparito il primo dicembre 1976;

Gregory Godzik, anni 17, sparito il 12 dicembre 1976;

John Szyc, anni 19, sparito il 20 gennaio 1977;

Jon Prestidge, anni 20, sparito il 15 marzo 1977;

Ignoto, tra i 17 e i 21 anni, sparito tra la primavera e l’estate 1977;

Matthew Bowman, che anni 19, sparito il 5 luglio 1977;

Robert Gilory, anni 18, sparito il 15 settembre 1977;

John Mowery, anni 19, sparito il 25 settembre 1977;

Russell Nelson, anni 21, sparito il 17 ottobre 1977;

Robert Winch, anni 16, sparito il 10 novembre 1977;

Tommy Boling, anni 20, sparito il 18 novembre 1977;

David Talsma, anni 19, sparito il 9 dicembre 1977;

William Kindred, anni 19, sparito il 16 febbraio 1978;

Timothy O’Rourke, anni 20, sparito nel giugno 1978;

Frank Landingin, anni 19, sparito il 4 novembre 1978;

James Mazzara, anni 20, sparito il 24 novembre 1978;

Robert Piest, anni 15, sparito l’11 dicembre 1978.

Una lista infinita, spaventosa, agghiacciante. Non solo nomi, ma vite distrutte, sogni infranti, e una scia interminabile di dolore e amarezza appesa a mille perché.

Nel 1978, la polizia registra la scomparsa di un adolescente, Robert Piest. Gacy è l’ultima persona con cui il giovane ha avuto contatti e, pertanto, gli investigatori cominciano ad indagare, scoprendo che su di lui grava una precedente condanna per sodomia. Decidono di approfondire, recandosi presso la sua abitazione dove, una volta entrati, vengono attirati da un olezzo nauseabondo proveniente dal seminterrato: è l’odore della morte, di 29 giovanissimi corpi privati per sempre del loro futuro. I corpi degli altri cinque ragazzi, barbaramente violentati, sono stati scaricati nel fiume Des Plaines.

Dopo la sentenza di colpevolezza, Gacy è trasferito nel Menard Correctional Center di Chester, dove resta per 14 anni nel braccio della morte. È in prigione che comincia a dipingere: i soggetti ritraggono prevalentemente pagliacci, alcuni dei quali rappresentano suoi autoritratti nelle vesti di “Pogo”. Alcune delle sue opere furono acquistate anche a prezzi alti, altre bruciate.

Viene giustiziato il 10 maggio 1994 per mezzo di un’iniezione letale endovenosa, pochi minuti dopo la mezzanotte, lo stesso giorno in cui un altro serial killer, Jeffrey Dahmer, riceve il sacramento del battesimo. Pare che quel giorno ci fu un eclissi solare…

L’ultima dichiarazione al suo avvocato prima dell’esecuzione è stata:

“Prendervi la mia vita non compenserà la perdita di quelle altre.”

E ancora, rivolgendosi al boia:

“Baciatemi il culo!” (Kiss my ass!)

Ma perché sceglie proprio il clown? Secondo la disamina di Mastronardi la spiegazione è questa:

“Il clown esibisce una personalità diversa da quella reale. John Wayne Gacy doveva camuffare la sua vera identità, un classico delle persone che non hanno avuto la possibilità di autoverifica della propria autostima durante l’infanzia. Il percorso di evoluzione in John si è fermato alla fase preconvenzionale, non si è evoluto nell’età emotiva-affettiva (che non corrisponde a quella cronologica) ed è per questo che, in buona sostanza, è rimasto un bambino con le sembianze di un adulto.”

E perché sceglie di seppellire i cadaveri sotto la sua abitazione? Silvio Ciappi interviene anche in questo senso:

“Sono coppe, ricordi o anche moniti. Trofei da mostrare a se stesso, per ricordare a se stesso di aver ucciso le sue tendenze bisessuali. I killer portano sempre con loro dei ricordi delle vittime, sono come medagliette al petto. Si tratta di delitti che hanno un forte valore simbolico, oltre a procurare il soddisfacimento immediato di una pulsione profonda.”

Il professor Mastronardi ha avuto la possibilità di esaminare la grafia di John Wayne Gacy insieme alla dottoressa Monica Calderaro, definendo il profilo criminale:

“Gacy rientra tra i serial killer del Controllo del Potere, caratterizzato da forte spinta aggressivo-compulsiva, che non riusciva a controllare con conseguente discontrollo degli impulsi. Interessante quanto emerso dalla grafia che evidenzia ‘non identità’ tra testo e firma, tipico segnale di allarme in questi casi dove il tratto distintivo è quello di esibire una personalità diversa da quella reale. L’esagerata inclinazione della scrittura, fino a schiacciarsi e a diventare oscura, delinea un comportamento imprudente verso l’altro che non conta nulla se non come strumento per i propri fini. La firma molto lanciata, esageratamente grande e sottolineata traccia un profilo narcisista e aggressivo confermato dalla punteggiatura grande e distaccata dal testo (virgole). Evidenzia inoltre problematiche nella sessualità rifiutata e rivolta solo al predominio sull’altro, a causa di paure e insicurezze di fondo che teneva ben occultate. Rispetto a quanto commesso non evidenzia alcun pentimento, anzi vi fornisce una personale spiegazione.”

Curiosità

Il suo cervello è stato rimosso ed è ora tenuto in custodia dalla dottoressa Helen Morrison nel tentativo di isolare i tratti comuni dei sociopatici violenti, ma il cervello di John Wayne Gacy non mostrava segni di anormalità.

All’esame dei periti psichiatrici, Gacy risultò comunque pieno di disturbi della personalità: disturbo istrionico della personalità, disturbo narcisistico, disturbo antisociale. Peraltro, tutti disturbi correlati con il sadismo.

Come sarebbe stata la vita di Gacy se avesse vissuto in una famiglia più amorevole? E quale sarebbe stata l’esistenza di quelle giovani vittime innocenti se non avessero avuto la sfortuna di incontrare quel mostro sul loro cammino?

Non possiamo rispondere, ma dobbiamo riflettere e, soprattutto, dobbiamo essere vigili, prestando seriamente attenzione a quello che ci capita intorno e al nostro modo di agire rispetto a determinate situazioni…

Fabiana Manna

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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