La bestia, Carmen Mola. Salani edito
“La mia ragione d’essere è semplicemente uccidere coloro che mi hanno ucciso. Quindi non farti un’idea sbagliata. Non siamo eroi o campioni in cerca di giustizia. Continua a seguirmi e morirai.”
Makina Hoshimura
Madrid, estate dell’Anno Domini 1834.
Un anno maledetto, questo, per la regione iberica: la guerra dei carlisti e l’epidemia di colera consumano gli abitanti nel corpo e nell’anima. Quest’ultima, soprattutto, miete vittime ovunque, e le superstizioni prevalgono sulle scoperte scientifiche limitate di quel periodo.
“Danno la colpa ai poveri per l’epidemia di colera che è arrivata in città dopo aver messo in ginocchio altre zone della Spagna e dell’Europa. È la loro mancanza di igiene a uccidere la città, dicono nei salotti madrileni.”
Non solo: oltre alla terribile infezione che si diffonde a macchia d’olio, Madrid si ritrova a fronteggiare un altro incubo letale, che terrorizza l’intera popolazione. Qualcuno o qualcosa si diletta ad ammazzare bambine innocenti, i cui cadaveri vengono ritrovati in giro per la città, completamente smembrati. Per la gente del posto si tratta di una Bestia…
“La Bestia; intorno a quel nome si intreccia un guazzabuglio di descrizioni di presunti testimoni. Alcuni hanno parlato di un orso, altri di una gigantesca lucertola di proporzioni impossibili, c’è chi crede si tratti di un qualcosa di simile a un cinghiale. Che razza di animale uccide solo per piacere? Per quanto ne sappia lui, tutte le vittime sono state smembrate con violenza, ma nessuna aveva segni sul corpo che facessero pensare che fosse servita a sfamare quella specie di animale chimerico che vive nei sobborghi di Madrid. L’unica cosa che si nasconde dietro al nome della Bestia è una sensazione appiccicosa, informe e inquietante come quelle descrizioni demaniali: la paura.”
Oltre ai morti per il colera, cominciano ad aumentare anche le vittime della Bestia. Si tratta perlopiù di bambine che arrivano a malapena all’età della pubertà, e che vivono prevalentemente nei bassifondi degradati. Non solo: nella gola di una delle ultime fanciulle brutalmente massacrata, un dottore trova una sorta di spilla da appendere al bavero, che porta incisa la croce di Sant’Andrea, formata da due martelli, o meglio, due mazze. Aldilà delle superstizioni che spopolano soprattutto tra le persone più indigenti, risulta evidente che la Bestia non ha nulla a che fare con personaggi mitologici o con animali orripilanti e di dimensioni spropositate. Dietro quel terribile soprannome c’è un essere umano in carne ed ossa, che compie barbarie inaudite nei confronti di esseri deboli e indifesi.
“Preferiamo chiamare Bestia ciò che non comprendiamo. Nello stesso modo in cui diamo le colpe delle crudeltà umane al demonio e ai suoi sotterfugi. Ma, se le togliamo le vesti della mitologia, ci ritroviamo di fronte la realtà. Quella Bestia non è altro che un uomo.”
I giorni passano, e l’epidemia dilaga incessante. Lucía, giovanissima, perde la mamma. Le resta la sorella più piccola, Clara, di cui dovrà prendersi cura, sfamarla e confortarla. Senza un lavoro e nessun’altra forma di reddito, si vede costretta a rubare. Dopo aver spiato per giorni un’abitazione le cui imposte sono rimaste aperte nonostante il forte acquazzone, decide di concretizzare la sua idea criminale: si introduce furtivamente nella casa e ruba alcuni oggetti, tra i quali un anello d’oro con uno strano simbolo inciso. Sarà questo per lei l’inizio di un incubo inenarrabile.
Allo stesso modo, i disperati ritengono che siano i preti gli unici responsabili, i veri untori, che tra l’altro appoggiano i carlisti per vincere la guerra. Stanchi degli avvenimenti, decidono di rivoltarsi: entrano in una chiesa e danno vita a una vera e propria apocalisse.
“…Un prete anziano si fa avanti per cercare di contenere quell’invasione, ma una martellata sulla fronte, che scricchiola rompendosi, lo abbatte seduta stante. Un bibliotecario gobbo che fa appello al buonsenso cade a terra sotto una decina di uomini che lo prendono per il collo e poi a calci finché un uomo armato di un pezzo di ottone arrugginito glielo infilza nella gola. Sull’altare, un monaco che brandiva con aria solenne una croce in direzione dei rivoltosi, come se in questo volesse spaventarli o scacciare il demonio dai loro corpi, viene preso a sassate; tra i tanti che calpestano il suo corpo, un ragazzo gli schiaccia in faccia il tacco di una scarpa fino a sfigurarlo. La folla si dirige verso il deambulatorio, invade le cappelle, le navate laterali, il chiostro, il piano superiore, abbattendo le statue, sfasciando i banchi e dando loro fuoco, mentre risate e ingiurie si intrecciano con le grida di dolore e i rantoli dei preti soffocati dal loro stesso sangue (…). In tutta la città da diverse settimane muoiono più di cinquecento persone al giorno a causa del colera. La gente è disposta a credere a qualsiasi cosa pur di far cessare questo spargimento di sangue.”
Ben presto, Lucía conosce Diego Ruiz, giornalista che pubblica i suoi articoli utilizzando lo pseudonimo El Gato Irreverente, che comprende la drammaticità degli omicidi della Bestia, e comincia a indagare. Le sorprese non finiscono mai…
“A Parigi si sono verificati tre casi di bambine assassinate, fra gli undici e i tredici anni, proprio come qui a Madrid. È successo un anno e mezzo fa e, così come hanno cominciato ad apparire, hanno smesso di farlo. Secondo il mio collega, circa un paio di anni prima successe la stessa cosa a Londra. Le bambine sparivano e i loro cadaveri impiegavano svariate settimane a essere ritrovati. In tutti i casi le morti erano recenti. Qualcuno le rapisce, le tiene imprigionate alcune settimane o addirittura mesi e poi le uccide. Ciò che a Parigi hanno trovato più strano è che non abusavano sessualmente di loro, erano vergini.”
Le informazioni che giungono a Diego sono sempre più precise, così una sera, decide di partecipare a una strana riunione, intrufolandosi grazie all’anello. Portafortuna o maledetto?
“Dopo qualche minuto, la porta da cui sono usciti si apre nuovamente e i tre si presentano con una bambina, nuda e con le gambe macchiate di sangue (…). Gli incappucciati la legano alla croce di Sant’Andrea (…). Un incappucciato ha sistemato a terra un calice d’argento fra le gambe della bambina, mentre gli altri due uomini che l’hanno legata restano in piedi, ai lati della croce, come sentinelle di guardia a un mausoleo (…). Il sangue mestruale di Juana cade dall’interno della coscia nel calice d’argento con un getto intermittente e doloroso. Una goccia e poi niente. Due gocce più grandi. Un filo. La bambina ha gli occhi socchiusi, sembra drogata. Per quasi un’ora, mentre il calice si riempie, nessuno dice una parola (…). Il Grande Maestro, l’unico che porta le due mazze ricamate sulla tonaca, estrae dalla tasca una scatola e, dalla scatola, un distintivo con il sigillo della società: le mazze incrociate. Il Grande Maestro infila il distintivo dentro la bocca della bambina, che si lascia scappare un debole conato. Quindi ritira il calice d’argento, lo posa sul tavolo e lo copre con un panno di velluto (…). Le due sentinelle ai lati della croce allungano le corde che la bambina porta ai polsi e alle caviglie legandole a una ruota collocata dietro la croce (…). Alla ruota legano anche la corda che cinge la testa di Juana; quindi iniziano a girare le manovelle fini a tendere le corde, che a loro volta stringono in una morsa terribile il collo della bambina (…). Altri due giri di manovella. Il cigolio della ruota ricorda il grido dei maiali quando vengono macellati. Dopo pochi secondi, un braccio e una gamba si spezzano. Il sangue scorre come una cascata. Un altro giro di manovella strappa via la testa della bambina (…). Tutti i presenti cominciano a recitare una preghiera in latino. Il Grande Maestro attraversa la stanza tenendo il calice d’argento in una mano e lo ripone in un tabernacolo.”
Ma perché tanto accanimento e tanto orrore? Cosa spinge un essere umano ad agire in maniera tanto spregevole e aberrante? Forse è necessario fare un salto nel passato…
“Un tempo al sangue mestruale venivano attribuiti alcuni usi. I guaritori lo usavano per preparare unguenti, che venivano prescritti come rimedio per una quantità di malattie tale che sembrava fossero opera della Santissima Vergine Maria: se ti strofinavi con il sangue mestruale, se ne andavano le verruche, guarivi dalla gotta e perfino dall’epilessia. Ignoranza e superstizione, non c’è abbinamento peggiore. Si diceva che se una donna con le mestruazioni usciva tutta nuda, poteva cambiare il clima, calmare le tempeste e i temporali. Il cielo tornava azzurro, gli uccellini cantavano e la brezza diffondeva l’aroma dei papaveri. Disgraziatamente, e per quanti passi in avanti possa fare la scienza, rimarranno sempre delle zucche vuote che credono che la Terra sia piatta e che il sangue mestruale possa alleviare la febbre.”
Il sangue versato durante questa estate afosa è incessante. L’orrore assume i connotati più impensabili e lievita in maniera esponenziale. Cosa si nasconde realmente dietro tutto questo scempio? Qual è il vero segreto che riguarda queste morti tanto macabre quanto assurde?
In un crescendo di pathos il romanzo diviene, pagina dopo pagina, sempre più coinvolgente. I misteri, gli interrogativi e le vicende apparentemente incomprensibili si vanno a mano a mano dipanando, generando nel lettore una moltitudine di sensazioni: sdegno, sgomento, paura, speranza, passione, odio, amore, profondo e sincero.
Un libro bellissimo, appassionante e intrigante, che apre una vera e propria voragine sull’essere umano e sulla sua frequente poca umanità
MADRID, 1834, UN’ORRENDA CATASTROFE. MA IL TERRORE HA UN ALTRO NOME.
Madrid, 1834: una terribile epidemia di colera ha messo in ginocchio la città. Ma il terrore ha anche un altro nome, quello della Bestia: un essere spietato e inafferrabile che rapisce le bambine dei quartieri più poveri e ne smembra i corpi. Quando la piccola Clara scompare, sua sorella Lucía non vuole aspettare di ritrovarne il cadavere: dà inizio così alla sua lotta contro il male e contro il tempo. Ha quattordici anni e l’inestinguibile coraggio di chi sente di non poter fare altro. Anche perché nessuno sembra voler fermare davvero il mostro. Tranne Diego, un giornalista testardo e temerario, che trascinerà nell’indagine anche il suo amico Donoso, un poliziotto cinico ma leale con un occhio solo. Alla loro ricerca frenetica parteciperanno monaci guerriglieri, ambasciatori e prostitute, mentre una società segreta tesse i suoi intrighi fatali fra taverne e salotti, palazzi e lazzaretti. È l’alba di una capitale che nasce nel sangue, di una città che brulica di vita e di morte e lotta per lasciarsi il medioevo alle spalle. Premio Planeta spagnolo, un thriller storico implacabile e commovente, un’atmosfera che toglie il respiro come le spire del serpente in copertina. Leggendolo ci si troverà proprio lì, tra i vicoli di Madrid, in una storia di inferno e oscurità
CARMEN MOLA è lo pseudonimo dei tre scrittori e sceneggiatori spagnoli Jorge Díaz, Antonio Mercero e Agustín Martínez, che hanno rivelato la loro identità con grande scalpore durante la cerimonia di assegnazione del Premio Planeta, il più importante premio letterario iberico. A lungo è stata considerata l’Elena Ferrante spagnola. Frutto di una scrittura collaborativa moderna, di cui i tre autori sono tra gli esponenti più acclamati a livello internazionale, La Bestia ha venduto oltre un milione di copie e sarà pubblicato in quindici Paesi.
COLLANA ROMANZI SALANI
GENERE Narrativa generale, Thriller
EAN 9788831016896
PAGINE 496
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