Nina sull’argine di Veronica Galletta

Nina sull'argine

Nina sull’argine di Veronica Galletta, edito minimum fax

Nina sull’argine

“Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società.”

Rita Levi Montalcini 

È un’afosa e opprimente giornata d’estate quando l’ingegnere Caterina Formica, per gli amici Nina, di origini siciliane, si ritrova a dirigere i lavori di un argine nel paese di Spina, una frazione di Fulchré, un piccolo comune disperso nella pianura alluvionale, lontano da raggiungere, in Piemonte. Ad attenderla ci sono il geometra dell’Impresa, l’assessore, il funzionario della Provincia, il rappresentante del Comitato locale. Tutti uomini, e tutti quasi straniti di dover sottostare alle decisioni di una giovane donna, alle prime esperienze.

“Agosto è il mese peggiore per avviare un cantiere. Chiudono i fornitori, va in ferie il personale, scarseggiano materiali e manodopera. Ma le vie della politica sono sinuose e incoercibili, si annodano avanti e indietro fino a formare un groviglio. Non c’è neanche bisogno di una scadenza elettorale. Basta un malumore, una parola fuori posto, una cena andata storta ed ecco che un accordo salta, partono le telefonate, le lamentele, le pressioni. Caterina non sa quale sia stato l’innesco per oggi. Sa solo che è qui, a consegnare il cantiere dell’argine di Spina, nel peggiore dei giorni possibili…”

Questo compito le è un po’ piovuto addosso, frutto della conseguenza di una retata avvenuta mesi addietro, in una gelida mattina d’inverno, durante la quale ben quindici funzionari sono tratti in arresto, compreso il suo dirigente, l’ingegner Greppi.

“…si parla di affari per centinaia di migliaia di euro, regalie, scambi di immobili, di favori. E poi denaro, stipato in borsoni che passano di mano in mano, la cui materialità la impressiona, immersa in questa nuova realtà dai contorni che sempre le sfuggono. Da un giorno all’altro ha smesso di occuparsi di progetti preliminari e si è ritrovata in prima linea. Mancano quindici colleghi, lavoratori di esperienza, e restano scoperti cantieri importanti, non si può andare molto per il sottile. Tutti devono essere sostituiti, tutti devono collaborare. Anche chi, come lei, ha solo un bagaglio tutto teorico alle spalle.”

Un lavoro complesso, spinoso, fatto di grandi responsabilità e innumerevoli ostacoli che quotidianamente si presentano, facendo vacillare le poche sicurezze di Nina: problemi ambientali, proteste degli abitanti della zona che non vogliono la realizzazione di quell’opera, la necessità di dover continuamente dimostrare le sue competenze e la sua professionalità, soprattutto perché donna, donna sola in mezzo a un branco di uomini… E poi la sfera personale che invade i suoi pensieri, tentando di inficiare e di minare le sue poche, acerbe certezze. 

Allora il cantiere diviene una scuola pratica di vita, di esperienza, di ricerca di equilibrio tra il caos.

“La differenza tra un’opera disegnata e una realizzata sta in questo, nel dovere accettare misure imperfette.”

L’autrice, in questo suo romanzo profondamente introspettivo, colloca il lettore nella condizione di porre l’attenzione su una fondamentale metafora: la costruzione di sé, la ricerca del modo di ripararsi e proteggersi rispetto alle circostanze talvolta infauste che la vita ci presenta, la capacità di individuare il sistema per adattarsi e plasmarsi all’esistenza di ognuno. E Nina incarna alla perfezione ognuno di noi: le tocca fare i conti con i fantasmi del passato, con la delusione dell’abbandono, con il senso di inadeguatezza, di solitudine, di frustrazione, di sofferenza. 

A volte le vicende ci colgono impreparati, e allora possiamo franare, proprio come può succedere a un territorio a causa di forti piogge o di fiumi in piena. Ma una volta rafforzati gli argini, issate barriere solide e messi in sicurezza i punti deficitari, con la giusta consapevolezza, potremmo acquisire maggiore fiducia, in noi stessi e negli altri. Ovviamente, questo non ci difenderà completamente dal dolore o dal malessere a cui ogni giorno possiamo essere sottoposti, ma potrà garantirci la possibilità di trovare l’ordine nel caos, la stabilità nella staticità, l’equilibrio nelle imperfezioni.

La scrittura è semplice e lineare, farcita qua e là di termini tecnici perfettamente adatti all’esposizione del testo. Una lettura piacevole, che genera notevoli spunti di riflessione. Un viaggio speciale dentro il proprio sé, nel quale i limiti possono divenire opportunità, le insicurezze una forza motrice per migliorarsi, la solitudine un mezzo straordinario per crearsi e ricrearsi.

“La differenza fra un’opera disegnata e una realizzata sta in questo, nel dover accettare misure imperfette.”

“Il segreto per fare le cose dolorose, le sembra, è farle come se riguardino la vita di qualcun altro. Fare, stando da un’altra parte…”

“…a volte le somme delle parti fa più di un intero…”

aterina è al suo primo incarico importante: ingegnere responsabile dei lavori per la costruzione dell’argine di Spina, piccolo insediamento dell’alta pianura padana. Giovane, in un ambiente di soli uomini, si confronta con difficoltà di ogni sorta: ostacoli tecnici, proteste degli ambientalisti, responsabilità per la sicurezza degli operai. Giorno dopo giorno, tutto diventa cantiere: la sua vita sentimentale, il rapporto con la Sicilia terra d’origine, il suo ruolo all’interno dell’ufficio. 

A volte si sente svanire nella nebbia, come se anche il tempo diventasse scivoloso e non si potesse opporre nulla alla forza del fiume in piena. Alla ricerca di un posto dove stare, la prima ad avere bisogno di un argine è lei stessa. È tentata di abbandonare, dorme poco e male. Ma, piano piano, l’anonima umanità che la circonda – geometri, assessori, gruisti, vedove di operai – acquista un volto. Così l’argine viene realizzato, in un movimento continuo di stagioni e paesaggi, fino al giorno del collaudo, quando Caterina, dopo una notte in cui fa i conti con tutti i suoi fantasmi, si congeda da quel mondo. 

Con una lingua modellata sull’esperienza, Veronica Galletta ha scritto un apologo sulla vulnerabilità che si inserisce in un’ampia tradizione di letteratura sul lavoro, declinandola in maniera personale

Veronica Galletta è nata a Siracusa e vive a Livorno. Da ingegnere ha lavorato quasi vent’anni per un ente pubblico. Con il romanzo Le isole di Norman (Italo Svevo Edizioni 2020) ha vinto il Premio Campiello Opera Prima. 

Autore: Veronica Galletta

Editore: Minimum fax

Collana: Nichel

Anno edizione: 2021

In commercio dal: 7 ottobre 2021

Pagine: 224 p., Brossura

EAN: 9788833892870

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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