Dove non mi hai portata, Maria Grazia Calandrone

Dove non mi hai portata – Mia madre, un caso di cronaca, Maria Grazia Calandrone. Einaudi editore

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“Vengo a prenderti, adesso che ho il doppio dei tuoi anni e

ti guardo, da una vita che forse hai immaginato per me.

Adesso vengo a prenderti e ti porto via.

Lucia, dammi la mano.”

No, non è una delle tante autobiografie che s’affacciano sovente nella mia vita di lettrice. È qualcosa d’altro.

Il titolo, che mi ricorda la protesta di una bimba abbandonata e la coppia ripresa di spalle in copertina, nascondono segreti tutti da scoprire. Mi basta un rapido sguardo alla sinossi per restare rapita e pensare ad una lettura che sconvolgerà l’animo, perché si parla di abbandono, amore, ricerca del passato e di sé. Scoprirò presto quanto è vero che si tratta “di un libro intimo eppure pubblico, profondamene emozionante e insieme lucidissimo, un’indagine sentimentale che non lascia scampo a nessuno, neppure a chi legge”.

Quello che ho davanti a me è un reportage d’amore, di ricerca delle proprie radici, di indagini accurate e di scoperte che consentiranno a Maria Grazia di conoscere la vera Lucia Galante, di ricostruire l’esistenza della propria madre per ritrovare sé stessa e tener fede alla promessa viva nella sua mente.

“Rinascerai, Lucia, anche solo a parole.

È tutto quello che posso.”

Mi piacciono i capitoli brevi in cui si sviluppa tutto il percorso; con i loro titoli-spia scandiscono il tempo, gli affetti, i personaggi, gli ambienti, i punti salienti di ogni nuova acquisizione, tutto ciò che la scrittrice scopre in un anno e mezzo di ricerca visitando luoghi, ascoltando, telefonando, ritrovando foto, raccogliendo documenti, date e timbri postali.

La figura della sua mamma, che le si presenta, è tridimensionale, con la faccia pulita e tanta voglia di vivere, una ragazzina vivace, studiosa, poi costretta a sposare Luigi, proprietario di terre confinanti a quelle della sua famiglia e a subire i maltrattamenti di marito e suocera.

Sofferenza, violenza, lavoro, fino a quando non incontra Giuseppe, il suo unico e grande amore ed è pronta a lasciare il marito. Adulterio!     

I pregiudizi e le leggi discriminanti dell’epoca fanno la differenza nelle conseguenti dolorose scelte della coppia.

Da quest’amore nasce la piccola Maria Grazia. Lei ora sa che, in quanto figlia illegittima, è stata tolta a Lucia, ma scopre con quanta determinazione la madre è riuscita a riaverla e a portarla con sé. Ebbene sì, sapere di essere amati e che c’è chi lotta per averci vicino, è vitale. Un ricordo che dà forza colorando la vita di gioia.

Ci sono però gesti incomprensibili, ancora da chiarire. Hanno atteso per sessant’anni ed è giunto il momento.

La lettura è trainante, ma è necessario interrompere per riprender fiato, perché quando si tratta di vita reale siamo portati a sofferte riflessioni e la volontà di modificare i dati non è concessa né ai lettori né allo scrittore. Artefice è stata la vita nella sua drammaticità finita in tragedia.

Seguo Maria Grazia con apprensione e ammirazione, nella sua indagine, per ricostruire quanto accade successivamente.

Lucia e Giuseppe lasciano la figlioletta a Roma, nella Villa Borghese, prima di togliersi la vita nel fiume. Un caso che finirà su tutti i giornali. Il resto è cronaca, ma Maria Grazia vuole capire, è lei ora la detective d’amore, lucidamente obiettiva, che mette in ordine indizi, lettera all’Unità, orari, ogni elemento utile per arrivare a …

Per lei hanno scelto la VITA! Una vita migliore di quella che potevano garantirle, in un mondo che li aveva già condannati.

A capirlo per prima è proprio la giovane nipote, Anna, che somiglia incredibilmente a Lucia. Lei intuisce, infatti, che i nonni hanno scelto la via del clamore mediatico per attirare l’attenzione sulla piccola Maria Grazia e ci sono riusciti.

La storia personale attraversa il tempo e il Paese, facendoci vivere l’atmosfera di un’epoca, con i personaggi e il pensiero del periodo,  con le differenze economiche di sempre, il flusso migratorio dal misero Molise alla promettente Milano.

La scrittrice dipinge con le parole i quadri di riferimento e la prosa diventa poesia ogni qualvolta cerca di “scavalcare disperatamente con le parole una lontananza”. (Calandrone, cit.)

No, non è una delle tante autobiografie, è un reportage condotto con metodo, che ci consegna un messaggio forte:

La fiatella sociale imputridisce tutto quello che tocca”.

Mettiamo da parte generalizzazioni e pregiudizi. Accostiamoci agli altri nella dimensione dell’ascolto, soltanto così potremo comprendere e superare la violenza insita in ogni giudizio azzardato.

“Scrivo questo libro perché mia madre diventi reale.”“Scrivo questo libro per strappare alla terra l’odore di mia

Quando Lucia e Giuseppe arrivano a Roma è l’estate del 1965. Hanno con sé la figlia di otto mesi, sono innamorati, ma non riescono a liberarsi dall’inquietudine che prova chi è braccato. Perché Lucia è fuggita da un marito violento che era stata costretta a sposare e che la umiliava ogni giorno, e ha tentato di costruirsi una nuova vita proprio insieme a Giuseppe. Per la legge dell’epoca, però, la donna si è macchiata di gravi reati: relazione adulterina e abbandono del tetto coniugale. Prima di scivolare nelle acque del Tevere in circostanze misteriose, la coppia lascia la bambina su un prato di Villa Borghese, confidando nel fatto che qualcuno si prenderà cura di lei. Piú di cinquant’anni dopo quella bambina, a sua volta diventata madre, si mette in viaggio per ricostruire quello che è davvero successo ai suoi genitori.
Come una detective, Maria Grazia Calandrone ricostruisce la sequenza dei movimenti di Lucia e Giuseppe, enumera gli oggetti abbandonati dietro di loro, s’informa sul tempo che impiega un corpo per morire in acqua e sul funzionamento delle poste nel 1965, per capire quando e dove i suoi genitori abbiano spedito la lettera a «l’Unità» in cui spiegavano con poche parole il loro gesto.
Dopo Splendi come vita, in cui l’autrice affrontava il difficile rapporto con la madre adottiva, Dove non mi hai portata esplora un nodo se possibile ancora piú intimo e complesso. Indagando la storia dei genitori grazie agli articoli di cronaca dell’epoca, Calandrone fa emergere il ritratto di un’Italia stanca di guerra ma non di regole coercitive. Un Paese che ha spinto una donna forte e vitale a sentirsi smarrita e senza vie di fuga. Fino a pagare con la vita la sua scelta d’amore.

Maria Grazia Calandrone è poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, artista visiva, autrice e conduttrice per la Rai. Scrive per il «Corriere della Sera» e tiene laboratori di poesia nelle scuole e nelle carceri. Con i suoi libri di poesia ha vinto importanti premi. La sua ultima opera, Splendi come vita (Ponte alle Grazie 2021), è entrata nella dozzina del Premio Strega. Per Einaudi ha pubblicato Dove non mi hai portata (2022).

Titolo: Dove non mi hai portata

Autore: Maria Grazia Calandrone

Editore: Einaudi

Collana: Supercoralli

ISBN 9788806257477


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Pubblicato da Maria Teresa Lezzi Fiorentino

Maria Teresa Lezzi Fiorentino vive a Lecce, sua città natale, dedicandosi alla famiglia e al lavoro. Coltiva da sempre due grandi passioni, lettura e scrittura, per sé e per tutti coloro ai quali riesce a trasmettere il proprio entusiasmo. Il fulcro intorno a cui hanno ruotato i suoi scritti, articoli e recensioni, è stato per lungo tempo l’assetto metodologico-didattico, con un’attenzione particolare alla sfera emozionale e al benessere degli alunni. Dopo un appassionante percorso professionale in varie scuole del Salento, che ha visto l’autrice insegnante di scuola materna, psicopedagogista e docente di materie letterarie, nel 2018 avviene la svolta ed inizia una nuova stagione della vita,in cui la scrittura privilegia la narrazione, partendo dalla quotidianità e dalla memoria del tempo vissuto. È tempo di racconti brevi, lettere, autobiografie e recensioni. Sono dell’autrice, pubblicati con Youcanprint:Di vita in vita, La via maestra, Spigolando tra i ricordi, Passo dopo passo … e altri racconti.

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