“IL VASO DI PANDORA, DAL MITO ALLA SPERANZA RITROVATA”

“Un vaso di Pandora non può restare sigillato per troppo tempo, senza che ciò che risiede nel suo interno non tenti di scoperchiarlo” (M. Menegatti)

Chi era Pandora? E cosa significa oggi “aprire il vaso di Pandora”?

Pandora, dal greco antico Πανδώρα, a sua volta da πᾶv, (pân), “tutto” e δῶρον, (dôron), “dono”, ovvero “tutti i doni”, è la prima donna mortale che Zeus, Re degli Dei, decide di donare agli uomini per punirli.  Ma procediamo per ordine.

Quando agli uomini era concesso sedere al cospetto degli Dei, il Titano Prometeo la cui bontà d’animo lo portava ad avere sempre pietà di costoro, scoperte le intenzioni di Zeus di voler cambiare le sorti dell’Umanità, decise di sottrargli il Fuoco Sacro.

Zeus, non potendo sopportare tale oltraggio, decise di punirlo in maniera esemplare. Lo incatenò a una roccia dove continuamente veniva beccato da un’aquila che gli strappava il fegato a morsi. Durante la notte l’organo però si riformava causandogli dolori atroci. Non contento della punizione inflitta a Prometeo, Zeus volle dare una lezione anche agli uomini. Diede ordine, quindi, al Dio Efesto di forgiare una donna che avesse una bellezza straordinaria e chiese contemporaneamente a tutti gli Dei di omaggiarla con un dono; da qui il nome Pandora – tutti i doni.

Apollo le donò la musica; Afrodite potenziò la sua bellezza; Era le insegno le arti marziali; Atena la vitalità; Ermes la curiosità.   Anche Zeus volle farle un dono, le diede un vaso con la raccomandazione di custodirlo e non aprirlo mai. 

Nel frattempo, Pandora, inviata sulla Terra, conosce Epimeteo, fratello di Prometeo, che la chiede in sposa.  Prometeo, intanto, liberato da Ercole, cercò in ogni modo di dissuadere il fratello dall’intento di convolare a nozze con Pandora, conscio del fatto che qualunque cosa arrivi da Zeus non possa avere nulla di buono.

La curiosità donata da Ermes entrò subito in gioco. Pandora non tardò ad aprire il coperchio che sigillava il vaso lasciando in tal modo uscire tutti i mali del mondo fino ad allora lontani dagli uomini.  Uno dietro l’altro vennero liberati la gelosia, la malattia, la miseria, l’inganno, l’invidia, la cattiveria, la delusione, il vizio, la pazzia, la violenza, la vecchiaia, la morte. Solo la Speranza non fece in tempo a uscire perché Pandora, spaventata da quanto stava accadendo richiuse il vaso intrappolandola sul fondo. 

Solo in un secondo momento ella aprì nuovamente il vaso liberando anche la speranza affinché potesse alleviare la sofferenza dell’umanità; si dice infatti che la speranza è sempre “l’ultima a morire”.

Il mito del vaso di Pandora è ricco di simbolismo. Il vaso rappresenta il contenitore di tutti i mali che l’uomo nel corso della propria esistenza può compiere o subire. La sua apertura, di contro, è l’esatto momento in cui il male viene riconosciuto e ogni azione compiuta ha degli effetti non solo su chi la compie, che deve assumersene la responsabilità, ma su quanti direttamente o indirettamente la subiscono.  Vi è pertanto una dualità nel mito, quella delle virtù custodite nel vaso, e i loro lati oscuri e terrificanti che derivano nel momento in cui vengono liberate.

Pandora sappiamo riceve in dono una serie di belle qualità ma non sempre ciò che appare all’esterno di ognuno di noi corrisponde a ciò che celiamo nel nostro intimo. Aprire il vaso è proprio la capacità di volersi guardare dentro per cercare nel nostro IO più profondo tutte quelle qualità che teniamo celate e che a volte pur sconvolgendo la nostra vita e pur creando un caos emotivo ed emozionale di non poco conto, sono necessarie affinché quel cambiamento avvenga e sia in grado di migliorare le nostre vite; a ristabilire quelle certezze e quell’equilibrio talune volte vacillante affinché vi sia un risveglio dell’anima e della coscienza più profonda e come un’araba fenice rinascere dalle proprie ceneri arricchite di serenità e pace interiore. Aprire il vaso per far entrare la luce della crescita e della conoscenza per la guarigione interiore. 

La speranza che rimane inizialmente relegata sul fondo del vaso, segna un prima e un dopo. Dona quell’arco temporale necessario alla riflessione e all’accettazione e acquisendo maggiore consapevolezza, fornisce la possibilità di mediare sui processi risolutivi di ogni situazione per focalizzare positivamente lo sguardo verso il futuro. E allora sì, “la speranza è l’ultima a morire”, ma qual è la verità sul detto “chi di speranza vive, disperato muore”? Lascio a voi lettori la giusta interpretazione. Ma la vera speranza è che tutti possano trovare il coraggio di scoperchiare il proprio vaso di Pandora non per diffondere il male ma per sconfiggere i demoni interiori che ognuno di noi tenta di relegare in fondo allo stesso, consentendosi di evolvere e migliorare la propria vita.  

Teresa Anania

Pubblicato da Teresa Anania

Eccomi..... Sono Teresa Anania, e ho una passione sfrenata per i libri. Un amore iniziato ad otto anni e cresciuto nel tempo. Amo scrivere e riversare, nero su bianco, emozioni, sentimenti e pensieri concreti e astratti. La musica è la colonna sonora della mia vita. Ogni libro lascia traccia dentro di noi e con le recensioni, oltre a fornire informazioni "tecniche", si tenta di proiettare su chi le leggerà, le sensazioni e le emozioni suscitate. Beh..... ci provo! Spero di riuscire a farvi innamorare non solo dei libri ma della cultura in senso lato.

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