“L’ABITO DA SPOSA, TRADIZIONE E COLORI NEL CORSO DEL TEMPO”

Lo sposo non deve vedere il vestito della sposa prima del matrimonio, perché porta sfortuna. Sapete che cosa porta ancora più fortuna? Sposarsi.
(Hank Moody)

Quando si progetta un matrimonio, la prima cosa a cui ogni donna inizia a pensare è l’abito da sposa. Molte, fin da bambine, sognano e disegnano l’abito principesco, luminoso, elegante e dal lungo strascico, quello che deve incantare e affascinare per la bellezza e che deve essere ricordato da quanti prenderanno parte alla cerimonia.  Una volta forse, era una tradizione molto più radicata rispetto ai tempi odierni in cui non solo ci si sposa di meno ma si cerca di limitare gli eccessi e il superfluo, puntando al necessario.

Ma chi si è mai soffermato realmente sull’origine dell’abito da sposa? E soprattutto, è sempre stato di colore bianco?  Vediamo come nasce e l’evoluzione che ha subito nel corso sei secoli.

Nel mondo occidentale, la prima donna ad aver indossato un abito da sposa di colore bianco fu la Principessa Philippa d’Inghilterra, figlia di Re Enrico IV, nel 1406. Con un abito in lino bianco e una pelliccia di ermellino, convolò a nozze con Erik, Re di Scandinavia.  L’effetto però non fu quello sperato e si dovette attendere il 1558 per vederlo nuovamente indossare da un’altra testa coronata: Mary Stuart, incoronata regina di Scozia a soli 9 mesi, indossò il giorno del suo matrimonio con Francesco II erede al trono di Francia, una splendida tunica con mantello in seta bianca dai bordi di pelliccia.  La decisione di sfoggiare tale abito fu vista come un azzardato capriccio da parte della regina ancora sedicenne, in quanto la Francia rinascimentale considerava il colore bianco, colore da destinarsi al lutto e quindi simbolo di cattivo presagio. Credenza che, purtroppo, non tardò a dimostrarsi fondata visto che Francesco II di Francia morì due anni dopo la loro unione senza lasciare eredi.

Da allora si continuò a dare spazio ad altri colori come già avveniva da sempre, dal lamé argentato della Principessa Carlotta Augusta di Hannover, in sposa nel 1816 a Leopoldo di Sassonia-Coburgo; ai colori pastello delle nozze alla corte di Napoleone; si dovrà attendere la I^ metà del XIX° secolo per vedere nuovamente una sposa total- white: la Regina Vittoria d’Inghilterra, convolata a nozze con il Principe Alberto di Sassonia.  Fu quella la data ufficiale dalla quale il colore bianco si impose a gamba tesa per gli abiti da sposa, considerandolo simbolo di purezza, eleganza e verginità, anche perché la Regina Vittoria era considerata, per il periodo storico-politico-sociale dell’Europa del momento, una unione d’amore non convenzionale e perché lei stessa aveva definito il suo matrimonio “il giorno più bello della mia vita”.

Ma facciamo un passo indietro e andiamo ad esaminare l’evoluzione avvenuta nel corso dei secoli.

Le civiltà antiche, non soggette a vincoli imposti dalla dottrina cattolica in merito a ideali di purezza e castità, sceglievano tonalità che rappresentassero i valori dell’amore coniugale. 

In Grecia, le giovani spose ateniesi prediligevano il viola tenue o il rosso mattone; quelle hindi il verde smeraldo, colore di speranza e che simboleggia la fertilità della terra.  Abiti di colore giallo, corone di fiori d’arancio e mirto e velo color arancio, colore dell’ottimismo, venivano sfoggiati dalle fanciulle romane fino ad approdare al nero sotto la dinastia cinese Han.

L’Inghilterra del Trecento predilige abiti ricchi e rami di rosmarino, simbolo di fedeltà coniugale della donna.  Il Medioevo non trova posto per abiti candidi ma privilegia toni scarlatti, velluto e tessuti damascati dal rubino acceso che richiamasse il sangue versato nei riti sacrificali oltre a quello naturale del parto e che veniva considerato emblema di amore eterno.

Nell’antico Egitto l’abito era formato essenzialmente da una lunga gonna ricoperta da una leggerissima sopra-veste in lino. 

Il 700, periodo di grande opulenza che si rifletteva ovunque, anche nell’uso di colori appariscenti e tessuti floreali degli abiti delle giovani spose che andavano dal rosa salmone al lilla, all’azzurro o al glicine.

La Rivoluzione Francese fa un passo indietro riportando sobrietà con l’uso dell’abito “stile impero”, senza decorazioni, dai colori tenui e leggeri ai quali si aggiunsero man mano l’argento e il bianco.  Occorrerà attendere la caduta di Napoleone per ritrovare abiti pomposi, ricchi e plissettati.  In qualunque epoca però, l’uso di stoffe colorate e impreziosite da decori erano sinonimo di uno status sociali agiato.

Il colore bianco, quindi, divenne colore ufficiale per gli abiti da sposa a partire dal 1854 seguendo l’esempio della Regina Vittoria.  Ma vediamo da allora in poi che cosa ha proposto la moda del periodo.

Durante la cosiddetta belle epoque, che va dalla fine dell’Ottocento fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, si metteva in risalto la figura femminile con l’utilizzo di corsetti strettissimi che segnassero il punto vita spingendo in alto il seno; tessuti damascati e seta e rasi preziosi con pizzi e ricchi ricami ma il colore bianco per le spose era consentito solo se l’età era inferiore ai 25 anni.

Negli anni Venti l’abito si accorcia, ci si libera dalle costrizioni dei corsetti che non lasciavano respirare. La voglia di emancipazione e indipendenza partiva dalla testa con cappelli a cloche, make-up marcato e capelli corti alla garçonne.

Gli anni Trenta esaltano la naturalezza dei corpi con sinuosi drappeggi e un interesse ancora marcato per cappelli e make-up.

Gli anni Quaranta vedono, negli abiti da sposa, l’uso delle spalline che regaleranno quella che verrà definita “silhouette a grattacielo”. Siamo nel periodo del secondo conflitto mondiale tutto è razionato, anche i tessuti e ogni tipo di stoffa poteva essere usata per confezionare l’abito per il proprio matrimonio, anche quella dei paracadute!

Negli anni Cinquanta tornano le forme sinuose con gonne ampie in pizzo ma il bianco stava per essere accantonato per un po’.

Gli anni Sessanta rivoluzionano gli abiti da sposa con minigonne colorate, prediligendo il rosa, scarpe basse e calze chiare che lasciassero in bella mostra le gambe.

Naturalezza è la parola chiave delle spose anni Settanta. Vestiti morbidi e leggeri; cappelli a tesa larga su capelli sciolti e privi di acconciature sofisticate, diventano l’accessorio immancabile del grande giorno. Per vedere un po’ di volume occorrerà attendere il decennio successivo, con spalline larghe e lunghi strascichi, raso, pizzi, merletti e tanta luminosità.

Gli anni Novanta faranno un timido passo indietro verso uno stile minimalista che oggi lascia il posto alla tendenza del momento che non sempre, nell’insieme della cerimonia nuziale può tradursi in buon gusto.

Qualunque sia l’abito scelto la parola chiave di ogni sposa il giorno del matrimonio è “protagonismo” non in senso dispregiativo ma l’intento di attrarre l’attenzione perché, come è giusto che sia, gli attori principali del grande giorno sono gli sposi; ma una cosa è certa, anche il matrimonio più organizzato e perfetto sarà difficilmente esente da critiche non sempre positive…

Curiosità sulla scelta dei colori:

  • Bianco, d’obbligo in matrimoni eleganti e formali ed è il colore più favorito dalla buona sorte.
  • Blu, indica che la sposa è sincera
  • Rosa, presagisce una perdita economica
  • Giallo, indica mancanza di stima da parte della sposa
  • Avorio, preannuncia un matrimonio turbolento
  • Verde, indica timidezza
  • Rosso, desiderio di morte
  • Marrone o grigio, allontanamento dalla città abituale
  • Nero, pentimento.

Buona norma è che le Signore invitate a un matrimonio evitino di abbigliarsi con vestiti di colore bianco.

Qualunque sia il colore scelto e al di là di credenze e/o superstizioni varie, la parola d’ordine per ogni matrimonio è, e dovrebbe essere, sempre AMORE.

Teresa Anania

Pubblicato da Teresa Anania

Eccomi..... Sono Teresa Anania, e ho una passione sfrenata per i libri. Un amore iniziato ad otto anni e cresciuto nel tempo. Amo scrivere e riversare, nero su bianco, emozioni, sentimenti e pensieri concreti e astratti. La musica è la colonna sonora della mia vita. Ogni libro lascia traccia dentro di noi e con le recensioni, oltre a fornire informazioni "tecniche", si tenta di proiettare su chi le leggerà, le sensazioni e le emozioni suscitate. Beh..... ci provo! Spero di riuscire a farvi innamorare non solo dei libri ma della cultura in senso lato.

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