Oggi, nell’anniversario della morte di Italo Calvino, noi lo vogliamo ricordare con una sua poesia e con gli stralci di alcune tra le bellissime lettere d’amore che egli scriveva all’attrice Elsa De Giorgi.
STORIA
Io cammino per un bosco di larici
ed ogni mio passo è storia.
Io penso, io amo, io agisco
e questo è storia,
forse non farò cose importanti,
ma la storia è fatta
di piccoli gesti
e di tutte le cose
che farò prima di morire
saranno pezzetti di storia
e tutti i pensieri di adesso
faranno la storia di domani.
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(…) L’averti incontrata è stato un’esplosiva conquista di tante cose per me, dentro di me, un tale salto e volo nella mia vita, che mi sembra di non riuscire a toccare terra, a riportare queste mie forze in una vita integrata. E tu dirai: «E che dovrei dire io allora?». E io sarei al solito confuso, ma non è vero: per te sono crollate cose intorno, tu sei rimasta te stessa, puoi decidere di te come ora dicendo che reciterai con sicurezza di quel che sei. A me, in una generale irritabilità per tutto, non resta che un nugolo di ragioni astratte, e la concretezza del tuo corpo nudo. (…)
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(…) Guarda come riesci a influenzarmi anche nel giudizio sulle cose mie, non influenzarmi cambiandomi idee, ma ridandomi il senso di che cosa è vivo e mandandomi a monte impostazioni statiche di stile di vita, mettendo tutto al vaglio della tua folgorante verità umana, verità di donna, verità di amante. In treno ho pensato e scritto una poesia: Amore, dieci anni fa ero nei partigiani. Se non oggi domani ci scannavano uno a uno. E la cosa più esaltante di tutto quel che uno viveva era che chi lo viveva non era un altro, ero io. Amore, dieci anni dopo – che dono, o vita! – sono il tuo amante. È terribile come la guerra, la felicità che mi dai. E la cosa più esaltante di quel che provo fra le tue braccia è quando penso che chi ti abbraccia non è che sia un altro, sono io.
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(…) Ho la tua lettera dal treno – Cara, amore – Ho sempre un’apprensione quando apro una tua lettera e uno slancio enorme di gratitudine e amore leggendo le tue parole d’amore. Il ritratto del giovane P.P. [Pier Paolo Pasolini,] è molto bello, uno dei migliori della tua vena ritrattistica, di questa tua intelligenza delle personalità umane fatta di discrezione e capacità di intendere i tipi più diversi, questa tua gran dote largamente provata nei coetanei. È la stessa dote che portata all’estremo accanimento dell’amore ti fa dire delle cose così acute e sorprendenti quando parli con me di me che ti sto a sentire a bocca aperta, abbacinato insieme d’ammirazione per l’intelligenza, o inconfessabile narcisismo, e di gratitudine amorosa. (…)
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Italo Calvino nasce il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas, presso l’Avana (Cuba). Il padre, Mario, è un agronomo di origine sanremese, che si trova a Cuba per dirigere una stazione sperimentale di agricoltura e una scuola agraria dopo venti anni passati in Messico. La madre, Evelina Mameli, di Sassari è laureata in scienze naturali e lavora come assistente di botanica all’Università di Pavia. Nel 1927, Calvino frequenta l’asilo infantile al St. George College, sempre a Cuba. Nello stesso anno nasce suo fratello Floriano, futuro geologo di fama internazionale, mentre nel 1929 frequenta le scuole Valdesi, una volta che la famiglia si trasferisce definitivamente in Italia (Calvino fa anche in tempo, alla fine delle elementari, a diventare Balilla). Nel 1934 supera l’esame per il ginnasio-liceo “G. D. Cassini” e completa la prima parte del suo percorso scolastico. Il primo contatto con la letteratura avviene all’età di dodici anni, quando gli capita fra le mani il primo ed il secondo “Libro della giungla” di Kipling. E’ un amore al primo colpo, una fulminea infatuazione per i mondi esotici, le avventure e per le sensazioni fantastiche che può dare la lettura solitaria di testi trascinanti. Si diletta anche a leggere riviste umoristiche, cosa che lo spinge a disegnare lui stesso vignette e fumetti. In quegli anni si appassiona al cinema, un amore che durerà per tutta la sua adolescenza. Intanto scoppia la guerra, un evento che segna la fine della sua giovinezza, così come il declino della cosiddetta “belle epoque” in versione sanremese. La sua posizione ideologica è incerta, tra il recupero di una identità locale ed un confuso anarchismo. Tra i sedici ed i venti anni scrive brevi racconti, opere teatrali ed anche poesie ispirandosi a Montale suo poeta prediletto per tutta la vita. E’ nei rapporti personali e nell’amicizia con il compagno di liceo Eugenio Scalfari, invece, che cominciamo a crescere in lui interessi più specificatamente e politici. Attraverso un intenso rapporto epistolare con Scalfari segue il risveglio dell’antifascismo clandestino ed una sorta di orientamento rispetto ai libri da leggere: Huizinga, Montale, Vittorini, Pisacane e così via. Nel 1941, conseguita la licenza liceale, si iscrive alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino. Dopo la morte di un giovane combattente, chiede ad un amico di presentarlo al Pci; in seguito insieme al fratello si arruola e combatte per venti mesi uno dei più aspri scontri tra partigiani e nazifascisti. E’ opinione della critica più accreditata che la sua scelta di aderire al partito comunista non derivò da ideologie personali, ma dal fatto che in quel periodo era la forza più attiva ed organizzata. Nel frattempo i genitori vengono sequestrati dai tedeschi. Finita la guerra e liberati i genitori, nel 1946 comincia a gravitare attorno alla casa editrice Einaudi, vendendo libri a rate. Su esortazione di Cesare Pavese e del critico Giansiro Ferrata, si dedica alla stesura di un romanzo che conclude negli ultimi giorni di dicembre; è il suo primo libro, “Il sentiero dei nidi di ragno”, una ricognizione appunto del periodo bellico e del mondo partigiano. Sempre più inserito nella casa editrice, presso Einaudi, Italo Calvino si occupa dell’ufficio stampa e di pubblicità stringendo legami di amicizia e di fervido confronto intellettuale con i grandi nomi dell’epoca, presenti e futuri, come Pavese, Vittorini, Natalia Ginzburg, Delio Cantimori, Franco Venturi, Norberto Bobbio e Felice Balbo. Nel 1948, però, lascia momentaneamente Einaudi per collaborare, in veste di redattore della terza pagina, con l’Unità torinese. Collabora anche al settimanale comunista “Rinascita”; nel 1949 torna da Einaudi ed esce la raccolta “Ultimo viene il corvo”, ma rimane inedito il romanzo “Il Bianco Veliero” sul quale Vittorini aveva espresso un giudizio negativo. Dal 1° gennaio 1950 Calvino viene assunto da Einaudi come redattore stabile: si occupa dell’ufficio stampa e dirige la parte letteraria della nuova collana “Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria”. Sarebbero stati proprio Vittorini , Pavese e Calvino, fra l’altro, a creare quei risvolti di copertina che sono diventati uno stile nell’editoria italiana. Nel 1951 finisce di scrivere un romanzo d’impianto realistico-sociale, “I giovani del Po”, che viene pubblicato sulla rivista “Officina” solo negli anni 1957/1958; in estate invece scrive di getto “Il visconte dimezzato”. Per una raccolta di lettere su un viaggio fatto nell’Unione Sovietica (“Taccuino di viaggio di Italo Calvino”) pubblicata sull’Unità riceve il Premio Saint-Vincent. Nel 1955 viene promosso dall’Einaudi come dirigente mantenendo questa qualifica fino al giugno 1961; dopo tale data diventa consulente editoriale. Lo stesso anno esce su “Paragone Letteratura”, “Il midollo del leone”, il primo di una serie di saggi, volti a definire la propria idea di letteratura rispetto alle principali tendenze culturali del tempo. L’anno seguente (1956) escono “Le fiabe italiane” che consolidano, anche grazie al lusinghiero successo, l’immagine di Italo Calvino come favolista. Il 1956, però, è assai importante per un altro fatto significativo e cruciale nella vita dello scrittore: i fatti di Ungheria, l’invasione della Russia Comunista nell’inquieta Praga, provocano il distacco dello scrittore dal Pci e lo conducono progressivamente a rinunciare ad un diretto impegno politico. La sua creatività è invece sempre feconda ed inarrestabile, tanto che non si contano le sue collaborazioni su riviste, i suoi scritti e racconti (vince in quegli anni anche il Premio Bagutta), nonché la stesura di alcune canzoni o libretti per opere musicali d’avanguardia come “Allez-hop” dell’amico e sodale Luciano Berio. Insomma, un’attività culturale e artistica a tutto campo. In questi anni scrive “Il visconte dimezzato”, “Il barone rampante”, “Il cavaliere inesistente”, “Marcovaldo”. Alla fine degli anni Cinquanta risale anche il soggiorno di sei mesi negli Stati Uniti, coincidenti con la pubblicazione della trilogia “Nostri antenati”, mentre appare sul “Menabò” (altra rivista di vaglia di quegli anni), il saggio “Il mare dell’oggettività”. Nel 1964 avviene una svolta fondamentale nella vita privata dello scrittore: si sposa con un’argentina e si trasferisce a Parigi, pur continuando a collaborare con Einaudi. L’anno dopo nasce la sua prima figlia, Giovannea, che gli infonde un senso di personale rinascita ed energia. Esce nel frattempo il volume “Le Cosmicomiche”, a cui segue nel 1967 “Ti con zero”, in cui si rivela la sua passione giovanile per le teorie astronomiche e cosmologiche. Parallelamente, Calvino sviluppa un forte interesse per le tematiche legate alla semiologia e alla decostruzione del testo, tanto che arriva ad adottare procedimenti assai intellettualistici nell’elaborazione dei suoi romanzi, così come succede ad esempio in quel gioco di specchi che è “Se una notte d’inverno un viaggiatore”. L’inclinazione fantastica, costante di tutta l’opera di Calvino, rappresenta comunque la corda più autentica dello scrittore. In molte delle sue opere, infatti, egli infrange una regola ferrea della vita (e di gran parte della letteratura) che vuole da una parte la realtà, dall’altra la finzione. Calvino, invece, spesso mescola i due piani, facendo accadere cose straordinarie e spesso impossibili all’interno di un contesto realistico, senza perdere colpi né sull’uno né sull’altro versante. Una delle sue caratteristiche è quella di saper mantenere nei confronti della materia trattata, un approccio leggero, trattenuto dall’umorismo, smussandone gli aspetti più sconcertanti con un atteggiamento quasi di serena saggezza. “Eleganza”, “leggerezza”, “misura”, “chiarezza”, “razionalità” sono i concetti a cui più usualmente si fa ricorso per definire l’opera di Italo Calvino; in effetti, essi individuano aspetti reali della personalità dello scrittore anche se, al tempo stesso, rischiano di sottovalutarne altri, ugualmente presenti e decisivi. Gli anni Settanta sono anch’essi ricchissimi di collaborazioni giornalistiche, di scritti ma soprattutto di premi, che colleziona in quantità. Rifiuta il premio Viareggio per “Ti con zero” ma accetta due anni dopo il premio Asti, il premio Feltrinelli e quello dell’accademia dei Lincei, nonché quello della città di Nizza, il Mondello ed altri ancora. In questo periodo un impegno assai importante è rappresentato inoltre dalla direzione della collana Einaudi “Centopagine”, nella quale vengono pubblicati, oltre ai classici europei a lui più cari (Stevenson, Conrad, Stendhal, Hoffmann, Balzac e Tolstoj), svariati scrittori minori italiani a cavallo fra ‘800 e ‘900. Intanto viene ultimata la villa di Roccamare, presso Castiglione della Pescaia, dove Calvino trascorre tutte le estati. Sul piano dell’impegno di scrittura inizia a scrivere nel 1974 sul “Corriere della sera” racconti, resoconti di viaggio ed articoli sulla realtà politica e sociale del paese; la collaborazione dura fino al 1979. Scrive anche per la serie radiofonica “Le interviste impossibili” i “Dialoghi di Montezuma” e “L’uomo di Neanderthal”. Nel 1976 tiene conferenze in molte università degli Stati Uniti, mentre i viaggi in Messico e Giappone gli danno spunti per alcuni articoli, che verranno poi ripresi in “Collezioni di sabbia”. Riceve a Vienna lo “Staatpreis”. Si trasferisce a Roma nel 1980 in piazza Campo Marzio ad un passo dal Pantheon. Raccoglie nel volume “Una pietra sopra” gli scritti di “Discorsi di letteratura e società” la parte più significativa dei suoi interventi saggistici dal 1955 in poi. Nel 1981 riceve la Legion d’onore. Cura l’ampia raccolta di scritti di Queneau “Segni, cifre e lettere”. Nel 1982 alla Scala di Milano viene rappresentata “La vera storia”, opera scritta insieme al già ricordato compositore Luciano Berio. Di quest’anno è anche l’azione musicale “Duo”, primo nucleo del futuro “Un re in ascolto”, sempre composta in collaborazione con Berio. Nel 1983 viene nominato per un mese “directeur d’ètudes” all’Ecole des Hautes Etudes. A gennaio tiene una lezione su “Science et metaphore chez Galilèe” e legge in inglese alla New York University la conferenza “Mondo scritto e mondo non scritto”. Nel 1985, avendo ricevuto l’incarico di tenere una serie di conferenze negli Stati Uniti (nella prestigiosa Harvard University), prepara le ormai celeberrime “Lezioni Americane”, che tuttavia rimarranno incompiute, e saranno edite solo postume nel 1988. Durante il 1984 in seguito alla crisi aziendale dell’Einaudi decide di passare alla Garzanti presso la quale appaiono “Collezione di sabbia” e “Cosmicomiche vecchie e nuove”. Compie dei viaggi in Argentina e a Siviglia dove partecipa ad un convegno sulla letteratura fantastica. Nel 1985 traduce “La canzone del polistirene” di Queneau mentre durante l’estate lavora ad un ciclo di sei conferenze. Il 6 settembre viene colto da ictus a Castiglione della Pescaia. Ricoverato all’ospedale Santa Maria della Scala di Siena, Italo Calvino muore il 19 settembre 1985, all’età di 61 anni, colpito da un’emorragia celebrale.
Teresa Anania
Fonte biografica: www.biografieonline.it