RICHARD KUKLINSKI La storia di un serial killer

LA STORIA DI UN SERIAL KILLER DENOMINATO “L’UOMO DI GHIACCIO”

La foto è puramente illustrativa. Non è la foto del serial Killer realmente esistito

Sabato rosso: gli omicidi terribili della storia

RICHARD KUKLINSKI

LA STORIA DI UN SERIAL KILLER DENOMINATO “L’UOMO DI GHIACCIO”

La letteratura criminale è pregna di storie sadiche e agghiaccianti, il cui operato omicida raggiunge livelli di atrocità spaventosi, superando anche i confini delle fantasie più perverse.

Uno dei casi più eclatanti, per il numero esorbitante di assassini, per le modalità feroci con cui sono stati compiuti e per la notevole difficoltà da parte degli inquirenti nel trovare e fermare il brutale sicario, riguarda Richard Leonard Kuklinski, passato tragicamente alla storia come “L’uomo di ghiaccio”.

Ma cerchiamo di ricostruire la sua vita e gli aspetti che, molto probabilmente, hanno contribuito a renderlo quel mostro spietato che poi è divenuto.

Richard nasce nella periferia di Jersey City (nel New Jersey) l’11 aprile 1935. Secondogenito di quattro figli, cresce in una famiglia estremamente indigente, il cui padre, un immigrato di origini polacche, alcolizzato e violento, picchia regolarmente la sua prole e la moglie. Addirittura pare che Florian, fratello maggiore di Richard, fosse morto a soli otto anni a causa delle percosse inflitte dal genitore. Nessuna denuncia: il tragico episodio viene riportato dai coniugi Kuklinski come un incidente domestico. Il padre ben presto si allontana da casa e la madre, fervente cattolica, costringe il piccolo Richard a frequentare la chiesa e a diventare chierichetto. Alcuni eventi traumatici per il futuro serial killer maturano proprio tra le mura sacre: subisce violenze dalle suore e dai preti che si occupano della sua istruzione e viene molestato sessualmente da un sacerdote. Della madre dirà:

“Mia madre era un cancro: distruggeva letteralmente tutto ciò che entrava in contatto con lei. Ha messo al mondo due killer: il sottoscritto e mio fratello Joseph.”

Già, perché nel 1970 suo fratello viene condannato per aver violentato e ucciso una ragazzina di dodici anni, gettandola dalla cima di un edificio di cinque piani insieme al cane di lei.

L’infanzia di Richard è devastata anche fuori dal contesto familiare: è vittima di un bullismo costante, di umiliazioni incessanti, che contribuiscono ad alimentare in quella giovane vita sentimenti di rabbia e voglia incolmabile e malata di rivalsa. Comincia con il torturare e massacrare animali randagi, fino poi ad arrivare a compiere il suo primo omicidio a soli quattordici anni: uccide un suo coetaneo, Charley Lane, colpevole di averlo deriso e maltrattato per anni insieme ad alcuni suoi amici. Lo aggredisce con un bastone e, dopo averlo ammazzato, gli taglia le dita delle mani e dei piedi con un’accetta, gli cava i denti e ne occulta il corpo. A questo punto, proseguire sulla strada della criminalità è l’unica alternativa che ritiene possibile: si organizza con una banda specializzata in irruzioni nei supermercati, rapine, furti con scasso e saccheggi di alcolici. Proprio l’alcol diventa per Richard un elemento che gli crea una forte dipendenza. La svolta è determinata dall’incontro con un mafioso italo-americano, Carmine Genovese. Comincia ad uccidere su commissione, utilizzando qualsiasi tipo di arma: pistole, fucili, bombe a mano, mitragliatrici, mazze e spaccamandibole; predilige il coltello perché lo definisce “intimo”. Nel corso del tempo si specializza nell’utilizzo di una miscela di cianuro il cui effluvio, a una certa distanza, garantisce la morte in meno di cinque secondi e senza che l’autopsia fosse in grado di rilevare un omicidio, supponendo invece un arresto cardiaco. Ancora le uccisioni avvengono con balestre, per asfissia (con sacchetti di plastica), con pugni e calci (l’uomo è alto quasi due metri e pesa circa 130kg!). Non è raro che scaraventi le sue vittime giù da alti edifici o le anneghi. Dichiara di aver ucciso 13 persone paralizzandole prima e rompendogli poi la spina dorsale con un cacciavite. Oppure, dopo aver stretto una corda al collo della vittima, la tira fin sulle spalle fino a strozzarla. E poi ancora pestaggio, sotterramento e torture tra le più disparate. In non poche occasioni e a fronte di un compenso maggiore, ha posto una telecamera verso la vittima, per poter immortalare l’atrocità con cui effettua scrupolosamente la sua opera. Ancora, in altre circostanze ha tramortito i malcapitati, per poi legarli e darli letteralmente in pasto ai ratti all’interno di grotte sparse per le campagne del New Jersey. Per sbarazzarsi dei cadaveri li fa a pezzi o li sigilla in fusti.

Dopo l’arresto dirà:

“Dentro non provavo niente, per nessuno di loro. Arrivavano e io li uccidevo, basta. Le sole persone verso le quali ho provato un qualche sentimento sono quelle della mia famiglia. Per gli altri, zero assoluto. A volte mi domando come mai sono fatto così, come mai dentro non avverto nulla… Mi piacerebbe che qualcuno sapesse dirmelo, sono davvero curioso.”

Il denaro rappresenta l’ago della bilancia dell’umore di Kuklinski: quando ne ha a sufficienza è una persona a modo, quasi amorevole, ma quando scarseggia diventa irascibile e violento.

Nel 1961 sposa Linda, una donna del suo quartiere più grande di lui di nove anni, dalla cui unione nascono due figli: Richard junior e David. Dopo qualche tempo, però, si infatua della segretaria dell’azienda presso la quale lavora, Barbara Pedrici, e ottenuto il divorzio dalla prima moglie, si risposa. Dal secondo matrimonio nascono tre figli: Merrick, Christin e Dwayne.

Merrick di lui dirà:

“Ancora oggi, a tanti anni di distanza, mi viene un groppo allo stomaco e mi tremano le mani quando penso a lui. Eppure non posso fare a meno di amare mio padre; lo amo tantissimo! Non aveva niente che non andasse… Credo che papà abbia sposato la donna sbagliata.”

Diverse le considerazioni di Christin, secondogenita di Richard:

“Papà ci terrorizzava. Non sapevamo quando e se sarebbe esploso. Cercavamo di tenerlo lontano dal nostro fratellino più piccolo, perché lui istintivamente avrebbe cercato di proteggere noi e la mamma, e papà avrebbe potuto ucciderlo. Ne sono certa. Ricordo una volta in cui una donna in un’auto con a bordo dei bambini gli aveva fatto uno sgarbo guidando: al primo semaforo era sceso e le aveva sradicato la portiera dalla parte della guida.”

E ancora, sempre lei:

“A causa di mio padre sono diventata disponibile molto in fretta. La sola cosa che potevo controllare era il mio corpo. Facevo quel che mi pareva, anche quello che lui non voleva facessi. Ho perso la verginità a 12 anni, facendomi prendere da un uomo dentro un’auto. Uno sconosciuto che mi aveva caricato alla fermata del pullman.”

Il figlio maschio dirà:

“Pensavano che non capissi o che non mi accorgessi di come si comportava papà; ma vedevo i mobili spaccati e sapevo benissimo che era stato lui. Come potevo non scorgere gli occhi pesti della mamma, quando la picchiava? Sotto il materasso, per precauzione, tenevo un’accetta e sotto il letto un machete per la paura che avevo.”

Il periodo successivo al secondo matrimonio segna il momento in cui emerge il lato violento di Kuklinski: da marito a padre perfetto, si trasforma in un demone che picchia selvaggiamente la moglie e non esita di minacciarla con la pistola. L’uomo è ossessionato dalla coniuge, la controlla e la costringe a rimanere reclusa tra le mura domestiche. Di lui la moglie dirà:

“In pratica esistevano due Richard ed io, di giorno in giorno, non sapevo con chi avevo a che fare. Poteva essere il più generoso degli uomini, come il più spietato essere umano della terra.”

Ma si sa, anche il male giunge al capolinea. Il 17 dicembre 1987 Kuklinski viene arrestato dalla polizia del New Jersey nei pressi della sua abitazione, grazie all’aiuto dell’agente infiltrato Dominick Polifrone. Il serial killer viene collegato a sei omicidi irrisolti grazie anche alle rivelazioni fatte al poliziotto sotto copertura, spacciatosi per un criminale vicino alla mafia. Di Richard Polifrone dirà:

“Ha ucciso più di duecento persone, intendo uccise direttamente di sua mano. Si tratta di un mostro: un uomo che viveva per uccidere.”

Le indagini riconducono alcuni delitti direttamente a Kuklinski: il 30 gennaio 1980 il sicario uccide con cinque colpi di pistola il 42enne George William Malliband junior durante un incontro di lavoro, con l’intento di assicurarsi i soldi che la vittima aveva con sé. Il suo cadavere viene nascosto nei pressi di un impianto chimico di Jersey City. Il 29 aprile 1981 è la volta del farmacista Paul Hoffman, con cui doveva concludere un affare inerente a un popolare farmaco. Dopo aver preso il denaro per acquistare il prodotto, Hoffman, 51 anni, viene attirato in un garage e ucciso a colpi di ferro da stiro. Kuklinski rivelerà che si era inceppata la pistola, e il cadavere non verrà mai trovato. Un altro omicidio riguarda Gary Smith, compare di Richard in attività illegali. Dopo una discussione, per il timore che potesse diventare un informatore, Kuklinski uccide Smith con un hamburger pieno di cianuro. L’assassinio è stato realizzato con un altro componente della banda, Daniel Deppner, che dichiarerà di aver finito Smith con il cavo di una lampada. Lo stesso Deppner, tra il febbraio e il maggio 1983, finisce tra le spire mortali di Richard. Anche lui sarà avvelenato e successivamente strangolato. Un altro omicidio, che permette a Kuklinski di diventare “l’uomo di ghiaccio”, è quello di Louis Leonard Masgay. Il cadavere del cinquantenne viene ritrovato il 25 settembre 1982 in un parco cittadino a Orangetown, New York, con un foro di proiettile nella parte posteriore della testa. Ma l’uomo era scomparso più di due anni prima, nel luglio 1981, giorno in cui aveva incontrato Kuklinski in un ristorante del New Jersey per acquistare una grande quantità di videocassette. Con sé aveva ben 95 mila dollari. Il suo cadavere era stato conservato in un congelatore per circa due anni.

Lo spietato serial killer è condannato a sei ergastoli e non alla pena capitale per mancanza di testimoni oculari. Durante la detenzione, Kuklinski viene convinto a rilasciare Interviste, a partecipare a documentari e addirittura accetta di stendere insieme all’autore Philip Carlo la sua biografia “The Ice Man: Confessions of Mafia Contract Killer” in cui confessa tutti i suoi delitti.

Nell’ottobre del 2005, dopo quasi diciotto anni di carcere, gli viene diagnosticata la malattia di Kawasaki. Trasferito in un’ala sicura del St. Francis Medical Center di Trenton, nel New Jersey, Kuklinski si spegne il 5 marzo 2006 all’età di 70 anni.

Ancora oggi le cause della morte non sono del tutto chiare. Pare che il killer soffrisse di sbalzi di pressione e desse segnali di demenza e perdita di memoria. Inoltre era convinto di essere deliberatamente avvelenato giorno dopo giorno. In ogni caso, considerato che si trattava di uno dei sicari più attivi della mafia e che non lesinava nel raccontare dettagli e particolari durante le sue interviste, non si può nemmeno escludere che sia stato messo a tacere da qualcuno dei suoi ex mandanti.

Quanto male è capace di fare un essere umano nei confronti di un proprio simile? Quale meccanismo mentale scatta? La scienza sarà mai capace di trovare un sistema in grado di prevenire e contenere le azioni abominevoli di persone assetate di sangue, votate alla ferocia e al sadismo puro?

L’umanità intera se lo augura…

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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