Robert Musil scrittore e drammaturgo austriaco vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, troppo spesso ignorato e poco studiato, oggi nell’anniversario della sua nascita, avvenuta appunto il 06 novembre del 1880, noi vogliamo ricordarlo con alcuni suoi aforismi…
Ogni grande libro spira questo amore per i destini dei singoli individui che non si adattano alle forme che la collettività vuol loro imporre. Ciò porta a risoluzioni che non si lasciano risolvere, e di costoro si può soltanto riprodurre la vita. Estrai il senso da tutte le opere poetiche e ne ricaverai una smentita interminabile ‐ incompleta ma esemplificata e fondata sull’esperienza ‐ di tutte le norme, le regole e i principi vigenti sui quali posa la società che ama tali poesie! Per di più una poesia col suo mistero trafigge da parte a parte il senso del mondo, attaccato a migliaia di parole triviali, e ne fa un pallone che se ne vola via. Se questo, com’è costume, si chiama bellezza, allora la bellezza dovrebb’essere uno sconvolgimento mille volte più crudele e spietato di qualunque rivoluzione politica!
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Quel segreto consiste nel fatto che non è lecito permettersi tutto. Un’epoca in cui tutto è permesso ha sempre reso infelici coloro che vivevano in essa. Onestà, continenza, cavalleria, musica, la morale, la poesia, la forma, il divieto, tutto ciò non ha altro scopo più profondo che dare alla vita una forma limitata e precisa. La felicità senza limiti non esiste. Non v’è grande felicità senza grandi divieti. Anche negli affari non si può correr dietro a qualunque profitto, se no non si approda a nulla. Il confine costituisce l’arcano del fenomeno, il segreto della forza, della fortuna, della fede e del problema di sostenersi, uomo microscopico, nell’universo sconfinato.
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Quali sono le cose che mi sconvolgono? Le meno appariscenti. Per lo più oggetti inanimati. Che cosa mi sconvolge in esse? Un qualcosa che non conosco. Ma è proprio questo! Da dove mi viene questo “qualcosa”? Io avverto la sua esistenza, esso agisce su di me, quasi volesse parlare. Mi trovo nella medesima agitazione di uno che cerchi, senza riuscirci, di cogliere le parole di un paralitico tra le smorfie della sua bocca. È come se avessi un senso in più rispetto agli altri, ma un senso non del tutto sviluppato, un senso che c’è, che si fa sentire, ma che non funziona. Per me il mondo è pieno di voci mute: ed io, quindi, sono un veggente o un allucinato?
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Negli anni della maturità pochi uomini sanno, in fondo, come son giunti a se stessi, ai propri piaceri, alla propria concezione del mondo, alla propria moglie, al proprio carattere e mestiere e loro conseguenze, ma sentono di non poter più cambiare di molto. Si potrebbe sostenere persino, che sono stati ingannati; infatti è impossibile scoprire una ragione sufficiente per cui tutto sia andato proprio così come è andato; avrebbe anche potuto andare diversamente; essi hanno influito pochissimo sugli avvenimenti, che per lo più sono dipesi da circostanze svariate, dall’umore, dalla vita, dalla morte di tutt’altri individui; e solo in quel dato momento si sono abbattuti su di loro. Quand’erano giovani la vita si stendeva loro dinanzi come un mattino senza fine, colmo di possibilità e di nulla, e già al meriggio ecco giungere all’improvviso qualcosa che pretende di essere ormai la loro vita; e tutto ciò è così sorprendente come vedersi davanti tutt’a un tratto una persona con la quale siamo stati vent’anni in corrispondenza, senza conoscerla, e ce la siamo immaginata completamente diversa. Ancora più strano, però, che quasi nessuno, se ne accorga; adottano la persona che è venuta a loro, la cui vita si è incorporata alla loro vita, giudicano le sue vicende ed esperienze ormai come le espressioni delle loro qualità, e il suo destino diventa merito o disgrazia loro. […] E non hanno più che un ricordo confuso della giovinezza, quando c’era in loro qualcosa come una forza opposta.
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«[…] se un uomo ha perso se stesso e ha rinunciato a sé, allora ha perduto l’elemento particolare e inconfondibile per il quale la natura lo ha fatto uomo. E mai come in questo caso si può star sicuri che si ha a che fare con qualcosa di non necessario, con una forma vuota, con qualcosa che l’anima del mondo ha già da tempo abbandonato.»
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Robert Edler von Musil nasce il 6 novembre del 1880 a Klagenfurt, figlio di Alfred ed Hermine. Trasferitosi ancora bambino a Chomutov, dove il padre dirige un liceo scientifico, va a scuola a Steyr e a Brno, prima di iscriversi al collegio militare di Eisenstadt, nel Burgenland. A partire dal 1897 comincia l’addestramento come ufficiale di artiglieria presso l’accademia militare di Vienna; poco dopo, però, abbandona il progetto e si iscrive al Politecnico di Brno al corso di ingegneria meccanica. Si avvicina, intanto, ad autori come Maeterlinck, Nietzsche e D’Annunzio. A inizio Novecento conclude gli studi e supera l’esame di ingegnere; nell’estate del 1901 conosce Herma Dietz, una ragazza di cui successivamente racconterà la storia in “Tonka”. Poco dopo svolge il servizio militare come fante volontario: in questo periodo contrae la sifilide. Successivamente Robert Musil trova lavoro come assistente all’istituto tecnico di Stoccarda; nel frattempo studia matematica, psicologia, fisica e filosofia all’Università di Berlino. Mentre inizia a scrivere il “Toerless”, nel 1908 si laurea in filosofia, pur avendo contrasti con il suo relatore Carl Stumpf, realizzando una tesi dedicata alle teorie di Ernst Mach. Intanto, inizia a frequentare Johannes von Allesch, che ben presto lo indirizza verso la psicologia della Gestalt. Dopo avere pubblicato il “Toerless”, sceglie di abbandonare in maniera definitiva la carriera accademica per dedicarsi a quella di scrittore. Anche Alexius Meinong lo invita a proseguire la strada universitaria a Graz, ma Robert rifiuta. Mentre incontra Martha Heimann, che diverrà poi sua moglie, continua a scrivere, e nel 1909 pubblica sulla rivista “Hyperion” la novella “La casa incantata”. Per il momento, però, la scrittura non gli consente ancora di guadagnarsi da vivere, e di conseguenza Musil è costretto ad accettare altri lavori: fino al 1910 è editore di “Pan“, rivista berlinese di arte e letteratura, e più tardi è impiegato come bibliotecario presso l’istituto tecnico di Vienna. Proprio a Vienna il 14 aprile del 1911 si sposa con Martha. Nello stesso anno pubblica le novelle “Veronika” e “Il compimento dell’amore”, contenute nel volume “Unioni”, che tuttavia non ottiene un buon successo di critica. Trasferitosi a Berlino, collabora con le riviste “Die Weissen Blaetter”, “Die Aktion” e “Der Loser Vogel”, mentre nel 1914 diventa redattore di “Die Neue Rundschau”. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Robert Musil è di stanza al fronte italiano come ufficiale in Alto Adige e all’Altopiano di Asiago: è tra i partecipanti alla quinta battaglia dell’Isonzo. Motivi di salute lo costringono al ricovero in ospedale, prima a Brunico, poi a Innsbruck e infine a Praga, a causa di una stomatite ulcerosa che non gli lascia tregua. Tornato a Bolzano, conosce il generale Maximilian Becher (la cui figura verrà ripresa in “L’uomo senza qualità“ nel personaggio di Stumm von Bordwehr) e Lene Maria Lenzi (che verrà poi raffigurata nella novella “Grigia”); la sua permanenza sul fronte altoatesino gli permette, inoltre, di ottenere una medaglia di bronzo. Sempre a Bolzano, a partire dal 1916 è redattore della rivista di propaganda “Soldaten-Zeitung”. L’anno successivo Robert Musil ottiene il titolo nobiliare Edler von, assegnato a suo padre e avente valore ereditario, mentre nel 1918 entra nella redazione di “Heimat”, un altro giornale propagandistico: qui ha l’occasione di conoscere Franz Werfel. Concluso il conflitto, fino al 1920 Musil è impiegato a Vienna presso il Ministero degli Esteri; l’anno successivo pubblica la commedia “I fanatici”, e nel frattempo collabora con la “Prager Presse” e la “Neue Rundschau”, per le quali è critico letterario. Lasciato l’incarico a causa di tagli in bilancio, e abbandonato anche il ruolo di consigliere per questioni militari, nel 1923 lo scrittore austriaco pubblica “Le due amanti” e “La portoghese”; vede la luce, inoltre, “Vincenz e l’amica degli uomini importanti”, farsa che viene rappresentata l’anno seguente ottenendo un ottimo successo. Intorno alla metà degli anni Venti, pur lavorando come saggista e critico letterario, Robert deve fare i conti con una situazione finanziaria piuttosto complicata. Nominato nel 1923 vicepresidente dell’associazione protettrice degli scrittori tedeschi in Austria, pubblica l’anno successivo “Tre donne”, mentre nel 1927 fonda con Alfred Kerr, Gerhart Hauptmann e Alfred Doeblin un’associazione rilkiana. Dopo avere scritto il saggio “Letterato e letteratura”, nel 1931 si sposta a Berlino, dove lavora per i giornali “Tag”, “Wiener Morgen” e “Prager Presse” come critico teatrale. Con la presa di potere da parte dei nazisti decide di tornare in Austria, visto che sua moglie è di origini ebree. La sua situazione economica, frattanto, peggiora sempre di più, al punto che viene fondata anche “Musil-Gesellschaft”, un’associazione di amici che tenta di aiutarlo economicamente. Robert Musil muore il 15 aprile del 1942 a Ginevra: il suo cadavere viene cremato, mentre le ceneri vengono disperse in un bosco, secondo la sua volontà.
Teresa Anania
Fonte biografica: www.biografieonline.it