Sabato rosso: gli omicidi terribili della storia
“Se guardi a lungo nell’abisso, allora l’abisso guarderà dentro di te.”
F. Nietzsche
La paura, spesso, è generata dalla fantasia ma, purtroppo, ciò che accade nella realtà può andare ben oltre…
Plainfield è una cittadina tranquilla del Wisconsin e, negli anni ’50, come un po’ per tutta l’America, è un periodo che rappresenta un grande rilancio economico e un deciso benessere sociale. Ma quell’oasi di apparente pace, viene sconvolta completamente da una misteriosa scomparsa e da una successiva scoperta sconvolgente.
Il 16 novembre segna l’inizio di un rituale annuale nel Wisconsin: la stagione del cervo. A Plainfield gli uomini cacciano per necessità, non per sport. Tutto dovrebbe essere tranquillo. E invece la signora Berenice Worden, proprietaria di una ferramenta, sparisce misteriosamente. Il figlio, vice sceriffo della cittadina, tornato dalla battuta di caccia, trova il negozio a soqquadro, con macchie di sangue sparse ovunque. Sarà proprio il figlio della donna sparita a mettere gli investigatori sulle tracce di Ed Gein, che è stato in quell’esercizio la sera prima della scomparsa per poi tornarci la mattina successiva. Gein viene fermato e la sua casa perquisita: l’orrore si palesa agli occhi degli agenti. La Worden, uccisa con un colpo di carabina calibro 22, è appesa per le caviglie, aperta in due a partire dalla vagina e con delle corde legate ai polsi. Ed è stata decapitata. Quella casa spettrale, priva di elettricità ed acqua corrente e con le finestre sbarrate, è zeppa di spazzatura accumulata da almeno dieci anni; il tanfo è inenarrabile. Non solo. C’è un terribile assortimento di resti umani: la polizia trova scodelle ricavate dalla parte superiore di teschi, ciondoli appesi a una corda costituiti da capezzoli, un tirante per tenda composto da una serie di labbra femminili. In quello che avrebbe dovuto essere il salone, trovano un paralume fatto di pelle umana e di pelle umana sono fatte anche alcune sedie. Ancora, trovano maschere facciali: pare che avesse scorticato le teste delle sue vittime, per poi riempirle con carta e appenderle alla parete a scopo decorativo. Addirittura pare ci fosse un vestito fatto interamente di pelle umana. Le ricerche proseguono in quell’inferno, e un agente si imbatte in una busta di carta marrone: tirando su quella che inizialmente sembra solo una massa di capelli, scopre con orrore che c’è anche un volto, appartenente a una donna conosciuta scomparsa tre anni prima: si tratta di Mary Hogan. Gein è arrestato, ma confessa solo due omicidi. Il resto dei suoi macabri oggetti -dichiara- sono stati realizzati con i cadaveri che ha rubato nei cimiteri della zona.
L’intera comunità è scioccata: nessuno riesce a credere che un ragazzo apparentemente disponibile e mite, un gran lavoratore, a cui i vicini lasciavano in custodia i loro figli piccoli, potesse essere in grado di compiere azioni così malvagie e aberranti. Ma nel giro di poche ore lo shock si sposta dalla tranquilla cittadina a tutta l’America: Gein diventa quasi un’icona culturale, è una novità assoluta riguardo ai crimini. Fino ad allora non si era mai visto niente di simile.
Ma come è arrivato a tanto? Tutto, probabilmente, può essere fatto risalire alla sua infanzia perché, anche secondo Norman Bates, il miglior amico di un bambino è sempre sua madre. Augusta Gein è morta da dodici anni quando la polizia entra nella casa dove un tempo abitava con il figlio. Mentre i poliziotti setacciano quella dimora mefistofelica in cerca di indizi che potessero spiegare cosa spinga qualcuno a commettere crimini tanto efferati, si imbattono in una soglia sbarrata con delle assi: scopriranno che quella camera tenuta in perfetto ordine, anche se molto impolverata, era in realtà, la camera della mamma di Ed.
Dopo il suo arresto, Gein viene sottoposto a una lunga indagine psicologica disposta dal tribunale. Comincia a delinearsi un quadro che spiega la sua discesa nella follia.
Il dottor George Arndt, psichiatra, a tal proposito dice:
“Gein aveva una relazione molto strana con la madre, una relazione di amore e odio. L’ascoltava e l’adorava, seguiva ogni sua parola.”
Fino al 1945 il mondo di Ed Gein ruota attorno a una madre profondamente religiosa e dominatrice. Si scoprirà che leggeva passi del libro della rivelazioni, in cui le donne appaiono come prostitute, vagabonde, malvagie, il cui unico scopo è quello di far del male al prossimo. La madre è quindi riuscita a inculcare in Ed il terrore dei contatti umani, specialmente con le donne. La sua virilità risulta essere terribilmente compromessa, in tutti i sensi. Dopo la morte della madre, Gein, che era già rimasto orfano di padre e ha perso l’unico fratello in un incendio (qualcuno successivamente ipotizzerà la sua colpevolezza anche rispetto a quest’ultima circostanza), è investito da un’inenarrabile solitudine, che lo spinge a cercare compagnie decisamente perverse. A un certo punto – spiega Gein- comincia a fare incursioni notturne nei cimiteri della zona. Non si è mai saputo se avesse usato i cadaveri per pratiche erotiche o per cannibalismo. Di sicuro, alcune delle scoperte fatte in seguito dalla polizia, sfidano la comprensione.
Lo scrittore Harold Schechter di ciò dichiara:
“C’era quella che la polizia in seguito avrebbe chiamato ‘veste mammaria’, cioè la parte superiore del tronco di una donna che Gein aveva prelevato da un corpo, conservato, e a cui aveva attaccato delle cinghie. Poi c’erano dei gambali ottenuti dalla pelle di gambe femminili (…). A quanto pare, prendeva anche genitali femminili che aveva rimosso dai cadaveri e li indossava, per far finta di essere una donna.”
Il 6 gennaio 1958 cominciano le udienze per determinare se Ed Gein fosse in grado di sostenere il processo per l’omicidio della Worden. Gli specialisti che lo visitano, affermano che l’uomo soffre di schizofrenia; spiegano che è soggetto ad allucinazioni. Inoltre si è convinto di essere uno strumento di Dio e di essere in grado di risuscitare i morti. Alla fine, secondo gli psichiatri, tutto è riconducibile alla madre.
Considerati i fatti, il giudice dichiara che l’accusato è malato di mente, quindi impossibilitato a sostenere il processo. Pertanto, viene assegnato alle cure del manicomio criminale del Wisconsin.
Ma c’è ancora una formalità da sbrigare per chiudere il caso…
Il 30 marzo 1958, giorno in cui cadeva la Domenica delle Palme, la casa dell’assassino viene messa all’asta insieme ai suoi effetti personali. Ma circa una decina di giorni prima, un misterioso incendio rade al suolo la dimora degli orrori. La distruzione di quel luogo è un sollievo per gli abitanti di Plainfield. Nonostante ciò, l’asta procede ugualmente così come previsto: i suoi macabri manufatti non sono in vendita, perché tutti i resti umani sono stati spediti al laboratorio criminale dello Stato del Wisconsin. Ma questo non impedisce a centinaia di curiosi e di cacciatori di souvenir di vistare la fattoria.
Schechter a tal proposito dice:
“Una delle cose vendute all’asta fu la macchina di Ed Gein. Un tipo pittoresco l’acquistò per esporla in giro.”
Sempre in riferimento all’auto, Dan Hanley, corrispondente dell’United Press International dice:
“L’auto usata veniva esposta nelle fiere paesane come uno scherzo da baraccone, come la donna barbuta o la mucca a due teste. Era nascosta da un tendone e la gente pagava per entrare e sbirciarla.”
Al manicomio criminale di stato il personale ben presto considera Gein come un paziente modello. Darold Strege, Supervisore della Clinica Mentale Centrale di Stato, di lui dice:
“Ed era un tipo tranquillo. Si sedeva sempre in un angolo del soggiorno a leggere il giornale. Non conversava molto con gli altri pazienti. Ricordo che di solito ci trovavamo per giocare insieme a carte. Ma quando sragionava, parlava delle donne, di cosa avrebbe fatto loro. Poi la crisi gli passava e tornava normale. Nello sguardo, però, gli restava un non so che di strano che ti faceva capire che qualcosa in lui proprio non andava.”
Nel 1968 gli psichiatri scrivono una lettera al tribunale dichiarando che ora Gein è in grado di affrontare il processo, e il caso viene riaperto.
Jerry Brillowski, un residente nell’area di Plainfield dichiara:
“Quando entrò nell’aula, il silenzio era totale; non si sentiva volare una mosca. Entrò, poi si fermò qualche istante e si inchinò verso il pubblico.”
Dopo nove giorni di processo, il giudice dichiara Ed Gein colpevole dell’omicidio di Berenice Worden e di Mary Hogan e dispone che sia rinchiuso a vita nel penitenziario psichiatrico dello stato. Durante la permanenza nel manicomio criminale, mentre discorreva con lo sceriffo pare gli avesse detto:
“Sceriffo…anche io ho un cuore.”
Il 26 luglio 1984, all’età di settantasette anni, Gein si spegne per insufficienza respiratoria. Viene sepolto accanto alla tomba della madre.
Ma che uomo sarebbe stato Gein se avesse vissuto in una famiglia diversa? Si nasce o si diventa killer spietati? Gli studiosi di neuroscienze hanno individuato una correlazione tra la ridotta attività cerebrale in alcune aree del cervello, tra cui la corteccia orbitofrontale e l’amigdala e la mancanza di empatia e controllo degli impulsi tipica di una certa categoria di assassini. Ma è chiaro che questo dato da solo non è sufficiente per spiegare determinati atteggiamenti deviati; gli stimoli ambientali concorrono quasi senza dubbio a far emergere il lato oscuro che coabita con ogni individuo. E questo dovrebbe farci riflettere, e non poco…
La storia macabra e a tratti surreale di Ed Gein ha avuto un grandissimo impatto sulla cultura popolare americana; molti sono stati i romanzi e i film che si sono ispirati a questo personaggio. Ricordiamo, ad esempio, “Psycho”, romanzo di Robert Bloch’ a cui si ispirò poi Alfred Hitchcock con la celebre trasposizione cinematografica del suo “Psyco”. Ci sono inoltre “Deranged-Il folle”; “Ed Gein-Il macellaio di Plainfield”; “Ed Gein: The Butcher of Plainfield”.